Suicidio assistito, il primo caso in Italia: Mario è morto. Mons. Suetta: «È una sconfitta»

16 Giu 2022 16:22 - di Redazione
suicidio assistito

È morto questa mattina alle 11.05 Federico Carboni, 44enne di Senigallia, fino a ora conosciuto come “Mario”. È il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani.

Il primo caso di suicidio medicalmente assistito in Italia

La vera identità di “Mario” è stata rivelata dopo la sua morte, come deciso da lui. Federico è morto nella sua abitazione, dopo essersi auto somministrato il farmaco letale attraverso un macchinario apposito, costato circa 5mila euro, interamente a suo carico, e per il quale l’Associazione Luca Coscioni aveva lanciato una raccolta fondi. La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Federico Carboni durante il procedimento giudiziario. Al fianco di Federico, la sua famiglia, gli amici, oltre a Marco Cappato, al segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni (Alc) Filomena Gallo e una parte del collegio legale.

Il via libero definitivo per l’accesso al suicidio assistito era arrivato il 9 febbraio scorso, con il parere sul farmaco e sulle modalità di esecuzione, dopo quasi due anni dalla prima richiesta alla Asur e dopo la battaglia legale, nella quale l’Associazione Luca Coscioni ha assistito Carboni.

Le ultime parole di Federico Carboni, noto come Mario

«Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico», sono state le ultime parole di Carboni. «Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future, quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò», ha aggiunto, affermando che con l’Alc «abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzetto di storia nel nostro Paese e sono orgoglioso e onorato di essere stato al vostro fianco. Ora finalmente sono libero di volare dove voglio».

Mons. Suetta: «Mario merita rispetto, ma questa è una sconfitta»

Sul caso di Federico Carboni si è espresso monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, da sempre in prima linea sui temi del fine vita. «Il caso singolo non può essere oggetto di dibattito perché ogni avventura umana, soprattutto nelle fasi più critiche, dolorose e delicate, merita assoluto rispetto. La mia opinione va al concetto in sé di suicidio assistito, che ha una valenza morale gravemente negativa per la semplice ragione che l’uomo, né per sé né per altri, può disporre della propria vita», ha detto il prelato, parlando con l’Adnkronos. 

La necessità di «somministrare la cura, non la morte»

Parlando della condizione di Carboni, Suetta ha sottolineato che «è una condizione soggettiva, che si deve rispettare il che però non giustifica l’intervento». Quanto al tema della libertà di scelta, il vescovo ha osservato che quella per il suicidio assistito «non è assolutamente una libertà. Di fronte alla sofferenza di una persona, anche grave, non si deve somministrare la morte, si deve somministrare la cura, sia quella palliativa, nella misura in cui è necessaria, sia la cura di vicinanza e di solidarietà e di conforto religioso».

La differenza tra «concetto diffuso» e «concetto giusto»

«La libertà di scegliere – ha quindi proseguito Suetta – è una menzogna; credo che lo stesso rispetto che esprimo io nei confronti di una persona che soffre e che può essere anche confusa nell’invocare qualcosa, debba essere dato a tutti e credo sia ingiusto e disumano ogni volta cavalcare un caso pietoso per avallare scelte che sono antropologicamente ed eticamente sbagliate». «Purtroppo – ha aggiunto – la deriva è in atto e finché l’umanità non prenderà coscienza del fatto che queste derive sono a suo grave svantaggio difficile invertire il senso di marcia». «Nessuno è autorizzato a dire che se un concetto lo pensano in molti deve essere per forza giusto e legittimo, non è affatto così», ha concluso il vescovo.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *