“Avete 10 ore poi entriamo”: ultimatum delle Ong a Pozzallo. Schiaffo alla Lamorgese, che cede

10 Giu 2022 11:06 - di Martino Della Costa
Lamorgese

«Avete 10 ore, poi entriamo»: schiaffo delle Ong alla Lamorgese, che porge l’altra guancia. Ora si scelgono pure il porto (in questo caso è quello di Pozzallo) e con un ultimatum fanno sbarcare altri 436 migranti… Va tutto al contrario. Mentre Salvini è sotto processo a Milano perché, tra giugno e luglio 2019, avrebbe offeso la “reputazione” dell’ex comandante della Sea Watch, Carola Rackete, che aveva forzato un posto di blocco per far sbarcare a Lampedusa i migranti a bordo della nave, le Ong sferrano l’ultimo “ricatto” al Ministero degli Interni, intimando l’ennesimo ultimatum: «Se entro dieci ore il Viminale non ci assegna un porto sicuro, noi entriamo». E puntualmente si spalancano le porte – e gli approdi – di Pozzallo…

Scacco matto alla Lamorgese: le Ong entrano a Pozzallo senza chiedere permesso

Scacco matto al Viminale: alle Ong basta un avvertimento per ottenere il passepartout che consente alla Sea Watch 3 e alla Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans di far sbarcare senza troppi complimenti i 436 naufraghi a bordo delle due navi umanitarie, soccorse in due distinte operazioni il 5 e il 6 giugno scorsi in acque internazionali nelle zone Sar di competenza libica e maltese. Tanto ci pensa la Lamorgese a sgomberare il percorso e aprire la corsia preferenziale garantita dai nostri porti: gli unici, evidentemente, sicuri e accessibili agli occhi delle Ong. Che in poche mosse e un avvertimento, riescono a presidiare scali marittimi e Ministero.

La Lamorgese cede all’ultimatum delle Ong che si scelgono il porto in cui far sbarcare i migranti

E così si spiegano – e si giustificano – gli sbarchi a gogò proseguiti nelle ultime settimane: tutto liscio per le Ong che, evidentemente, la spuntano sempre convinte di poter fare da padrone in casa nostra. E che, grazie a una risposta evidentemente flebile da parte delle nostre autorità, arrivano persino a scegliersi e a imporre il punto d’arrivo e l’approdo in cui ormeggiare per far accogliere i loro passeggeri. Soccorsi e scortati in quello che le Ong stabiliscono essere il porto sicuro di prima e ultima, insindacabile scelta.

Migranti, l’ingiunzione di sbarco al Viminale in un comunicato

Stavolta, allora, come riporta e commenta Libero quotidiano in una intera pagina dedicata alla questione migranti (in tutte le sue sfaccettature politiche e diplomatiche)
è toccato alla prefettura di Ragusa organizzare la macchina dell’accoglienza. Del resto, «il Viminale ha dieci ore per organizzarsi. Poi entriamo», recitava un un comunicato della Mediterranea Saving Humans, mettendo nero su bianco l’ultimatum vergato a caratteri tutt’altro che colloquiali. Un monito firmato Luca Casarini, riferisce il quotidiano di Feltri: «Ex leader delle tute bianche al G8 di Genova, attivista no-global, già indagato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tra i vertici della nave Mare Jonio alla sua dodicesima missione nelle acque del Mediterraneo centrale».

Schiaffo in faccia al ministro, che porge l’altra guancia…

Già, perché la richiesta ultimativa di un porto sicuro parte proprio da lui: «Seguendo le procedure previste dal diritto internazionale», ma senza inizialmente ottenere istruzioni dal Ministero dell’Interno e dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma. La Lamorgese tergiversa, ma il tempo non gioca a suo favore. E così, nel giro di breve, scatta l’ingiunzione. Che ufficialmente dice: «Il Viminale ha dieci ore per organizzarsi. Poi entriamo». Ma che tra le righe si legge: o ci fate approdare o entriamo tranquillamente senza aspettare l’assegnazione formale di un punto d’approdo. Magari anche speronando qualche motovedetta pur di varcare la soglia, modello Rackete… Uno schiaffo in faccia alla nostra autorevolezza. Al Viminale e al suo ministro: Luciana Lamorgese, che porge l’altra guancia.

Il porto sicuro è sempre un porto italiano

«Basta attese e sofferenze inutili per i naufraghi salvati in mare», arringano le Ong che ne fanno una questione di tempistica tirando in ballo, come spiega Libero, tirando in ballo «il fatto che “il Viminale dal 2017 deve assegnare nel più breve tempo possibile il porto sicuro di sbarco per persone soccorse in mare dal rischio di naufragio e in precarie condizioni”». E se non lo fa, sembrano dire, ce lo prendiamo lo stesso. Aprendo una breccia nei nostri porti anche per i prossimi arrivi e i relativi mantra buonisti intonati con toni tutt’altro che buonisti…

 

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