La Russa: non siamo più figli di un dio minore, lo capiscano tutti. E la Fiamma resta dov’è

30 Mag 2022 10:09 - di Federica Parbuoni
la russa fiamma

Ignazio La Russa lo rivendica con forza: «Noi non siamo più figli di un dio minore». Ma con la stessa chiarezza ribadisce che «noi non faremo mai un ragionamento finalizzato a essere i primi nella coalizione: il nostro scopo è far vincere il centrodestra. Poi toccherà agli elettori assegnare i ruoli». Il tema, naturalmente, è quello della premiership di Giorgia Meloni, rispetto alla quale anche Matteo Salvini nei giorni scorsi ha riconosciuto la validità della regola per cui chi prende più voti diventa il candidato naturale alla guida del Paese. Ma il vicepresidente del Senato vi si sofferma nell’ambito di un ragionamento assai più ampio sul centrodestra e sul suo futuro, rispetto al quale FdI non ha alcuna intenzione di deragliare. Su un eventuale “governo rossonero”, infatti, «non c’è margine di discussione: 0,0%», ha ribadito La Russa, ricordando che la Fiamma «testimonia coerenza», quindi resta.

Nessuna possibilità di governo “rossonero”

«È chiaro che provocazioni del genere da parte del mainstream arrivano per indebolire non noi, ma la prospettiva di un radicale cambiamento che deriverebbe dalla vittoria di un centrodestra unito a trazione Meloni», ha sottolineato La Russa, nel corso di una lunga intervista con Libero, nella quale ha anche ricordato che le posizioni di FdI su Ucraina e Nato, oggi utilizzate da alcuni apparati per ipotizzare un avvicinamento con Letta, non sono una novità per la destra e, semmai, lo sono per «la sinistra che era per il Patto di Varsavia e per i carri armati russi che invadevano l’Ungheria o Praga».

Il centrodestra e le posizioni su Ucraina, Nato e Russia

Per La Russa, inoltre, anche il posizionamento di Forza Italia e Lega sui temi della guerra, utilizzato per sostenere che un governo di centrodestra non sarebbe credibile in politica estera, va inquadrato nella giusta prospettiva, ovvero senza forzare una dicotomia che vedrebbe da una parte Meloni atlantista e dall’altra Berlusconi e Salvini più vicini a Mosca. «Né Salvini né Berlusconi, sia pure con qualche dichiarazione forse un po’ meno chiara, si sono mai schierati contro la Nato. Non hanno mai messo in discussione il Patto Atlantico. A differenza nostra, effettivamente – ha aggiunto La Russa – hanno probabilmente considerato almeno all’inizio come un fatto accidentale l’invasione, mentre noi abbiamo ritenuto subito che una volta che Putin ha manifestato l’interesse espansionistico il corso della storia cambiasse completamente». Ma, ha aggiunto, «confido che gli alleati anche su questo tema possano ritrovare compattezza con noi».

Sulla premiership decidono gli elettori

L’intervista, quindi, si è concentrata più direttamente il tema dei rapporti interni alla coalizione e dell’apertura di Salvini alla regola per cui chi arriva primo fa il premier. «È un cambio di strategia che ci fa piacere». «L’importante», per La Russa, è che certe posizioni «siano sincere e soprattutto durature». «Noi non faremo mai un ragionamento finalizzato ad essere i primi nella coalizione: il nostro scopo è far vincere il centrodestra. Poi toccherà agli elettori assegnare i ruoli», ha commentato.

In Sicilia finirà «con la candidatura di Musumeci»

Quanto alle amministrative il vicepresidente del Senato ha ricordato che «andiamo insieme in 60 città su 65». «Con un po’ di sforzo in più saremmo d’accordo su tutte», ha aggiunto, spiegando che no si capisco le ragioni delle divisioni in città come Verona, «dove è stata Forza Italia a rompere con noi e la Lega» o Messina «dove è stata la Lega a separarsi dalla coalizione». Ciò che è certo è che «non c’è una sola città in cui FdI è andato con candidati non di centrodestra». Sul caso Sicilia, poi, La Russa si è detto fiducioso che finirà «con le regole che ci siamo dati: con la candidatura dell’uscente Nello Musumeci. Chi non è convinto di Musumeci è solo qualche dirigente regionale: a livello popolare non c’è nessuno che ha i suoi indici di gradimento. Tant’è vero che alla nostra ripetuta richiesta – qual è l’alternativa? – non ci hanno mai dato un nome. Semplicemente perché non c’è».

«Non siamo più figli di un dio minore»

La questione Musumeci è un modo per «mettere un ostacolo alla rincorsa di Giorgia?», ha chiesto Antonio Rapisarda, che firma l’intervista. «Mah: quando eravamo al 4%, non abbiamo mai intralciato il processo di compattezza di partiti che erano nettamente più forti. Oggi – ha sottolineato La Russa – c’è un equilibrio diverso. FdI rivendica esclusivamente gli stessi diritti degli altri: non siamo più figli di un Dio minore. Questa è una cosa che ancora non è stata assimilata dagli alleati. Non so se è anche per il fatto che Giorgia è una donna, forse una novità difficile da digerire».

La Russa: «La Fiamma? Resta, è testimonianza di coerenza»

Meloni «sarebbe la prima donna (premier, ndr) in Italia. E sarebbe la “capa” del partito dei conservatori italiani ed europei. Non ci sarebbe nulla di strano», ha quindi ricordato La Russa, chiarendo che vi si arriverebbe con la Fiamma ancora nel simbolo. «Testimonia la coerenza. L’evoluzione della destra è chiara e sotto gli occhi di tutti: siamo orgogliosamente la casa dei conservatori italiani ed europei e manteniamo la fiamma come segno di coerenza. Abbiamo tolto il riferimento al partito che l’ha introdotta. Lo dico ai detrattori che polemizzavano immaginando che la base trapezoidale (del Msi, ndr) rappresentasse addirittura la bara di Mussolini. Abbiamo tenuto la Fiamma come segno di continuità e di rispetto per chi ha contributo, come Giorgio Almirante, a far sì che noi avessimo oltre che il futuro anche memoria delle radici da cui ci si è evoluti. Come tutte le radici profonde, quelle che non gelano – ha quindi concluso il vicepresidente del Senato – producono rami e foglie completamente nuove».

 

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