La destra, la guerra e la Nato: un dibattito che dura dagli anni ’50 e che ha riportato in pista persino Fini

25 Mag 2022 20:14 - di Adele Sirocchi

La guerra in Ucraina, con il rinnovato protagonismo degli Stati Uniti e il conseguente rafforzamento della Nato (con l’ingresso di Finlandia e Svezia) ha fatto precipitare la destra in un dibattito che sembrava rimasto in sospeso da decenni ma che già lacerava il Msi negli anni Cinquanta: essere atlantisti o no. Essere pro-Nato o anti-Nato. E ancora: criticare l’America oppure riconoscerle il ruolo di baluardo dell’Occidente minacciato.

La questione, come detto, teneva banco nei primi congressi del Msi – in particolare quello dell’Aquila del 1954 e quello di Milano del 1956 – e vide sempre la corrente di sinistra, capeggiata da Ernesto Massi e Concetto Pettinato, opporsi alla linea atlantista che poi il partito avrebbe intrapreso.

Oggi, come detto, certi sentimenti – mai del tutto sopiti e trasformatisi decenni dopo nelle mozioni critiche verso l’americanismo di Beppe Niccolai e di Pino Rauti – riaffiorano e si intrecciano al dibattito su Putin, Biden, il destino dell’Europa, l’Occidente.

Cinque giorni fa al Senato Ignazio La Russa sottolineava che non ci sono dubbi sulla posizione di FdI: “Noi siamo sempre stati ancorati ai valori occidentali. Ed è dal 1949 che la destra politica italiana, il Msi, poi An e poi il Pdl fino oggi a FdI, si è sempre coerentemente schierata da questa parte del mondo anche a sostegno dello strumento difensivo occidentale che è la Nato. Perché abbiamo sempre ritenuto che il pericolo alla nostra libertà venisse da Est”. E ha poi detto. “Se vogliamo essere alla pari degli Usa e non delegare agli Stati Uniti la nostra difesa non possiamo poi dire no alla politica per rafforzare il nostro esercito”. Una posizione netta, che peraltro Giorgia Meloni aveva chiarito già alla conferenza di Milano di FdI.

Eppure si discute. E’ accaduto alla presentazione del libro di Enzo Raisi a Roma, “La casta siete voi“, dove erano presenti Gianni Alemanno e Claudio Barbaro, entrambi di FdI. E dove ha preso la parola Gianfranco Fini per il suo primo intervento pubblico dopo molti anni. Lo scambio di vedute ha riguardato la guerra, la destra e l’Occidente.

“Non riesco a capire come in alcuni casi da destra si continua a dire che l’Italia e l’Europa sono una colonia americana in ragione di quello che è accaduto nel ’45 – ha detto Gianfranco Fini – oggi la questione riguarda il confronto in atto tra un Occidente in fase regressiva e altre realtà economico-finanziarie culturali che sono in fase espansiva. Le realtà in espansione, le cosiddette autocrazie o le cosiddette dittature, quali Cina e Russia, sono i due modelli alternativi ai modelli occidentali che vanno rivisti certo, riformati, non è tutto oro quello che luccica, a cominciare dalla cancel culture che vuole abbattere le statue di Colombo…”.

A sua volta Gianni Alemanno, reduce da una missione umanitaria della Fondazione An che ha portato aiuti alle popolazioni ucraine colpite dalla guerra,  non fa mistero della sua posizione critica verso la narrazione unica sul conflitto. “Anche gli Usa – ha detto di recente in un’intervista a Repubblica– hanno fatto le loro guerre illegali e sul Donbass non è stata mai avanzata una proposta per risolvere il problema dal 2014…”. E tra due giorni lo stesso Alemanno sarà presente al dibattito “Fermare la guerra” a Roma, a Palazzo Wedekind. Ci saranno Franco Cardini, Toni Capuozzo e Francesco Borgonovo, tutti noti per le loro posizioni anti-Nato e comprensive verso le ragioni della Russia. E a moderare ci sarà Massimo Magliaro, già capo ufficio stampa dell’atlantista Almirante. E il dibattito continua…

 

 

 

 

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