Cashback e lotteria degli scontrini hanno fallito. I numeri della Cgia di Mestre certificano il flop
Cashback e lotteria degli scontrini voluti dal governo Conte? Un vero e proprio fallimento. Lo certifica uno studio della Cgia di Mestre, che ricorda come il cashback, voluto dal governo Conte, sia stato “archiviato” dal governo Draghi. A partire dal giugno 2021, ne ha sospeso infatti l’applicazione per manifesta incapacità di perseguire l’obiettivo.
Non è andata meglio alla lotteria degli scontrini. “Stando ai dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, se da marzo del 2021 gli scontrini mensili associati alla lotteria avevano sfiorato il picco massimo di 25 mila unità, successivamente c’è stata una costante contrazione. Lo scorso autunno il numero mensile è sceso poco sopra le 5 mila unità”.
Lotteria degli scontrini: un migliaio di partecipanti in tutta Italia
A dover essere utilizzate con i miliardi di informazioni che arrivano in funzione anti evasione invece dovrebbero essere le 162 banche dati di cui dispone lo Stato che però, denuncia ancora Cgia, solo in piccola parte riesce a “utilizzare”. “E’ vero che a breve queste banche dati dovrebbero cominciare a dialogare fra loro, ovvero ad essere interoperabili. Tuttavia, se ogni anno il popolo degli evasori sottrae al fisco 105 miliardi di euro e i nostri 007 riuscivano a recuperarne, nel periodo pre Covid, tra i 18 e i 20, vuol dire che, potenzialmente, sappiamo vita, morte e miracoli su chi è conosciuto al fisco, mentre brancoliamo nel buio nei confronti di chi non lo è, con il risultato che l’evasione prospera, penalizzando oltremisura chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo”.
Evasione fiscale a 105 miliardi di euro l’anno
“Si stima che l’evasione fiscale in Italia ammonti a 105 miliardi di euro all’anno. E nel dibattito politico-sindacale, si ripete ormai come un mantra che l’imposta sul reddito delle persone fisiche sarebbe pagata per quasi il 90% da pensionati e lavoratori dipendenti”. Tuttavia, la Cgia parla di “affermazione del tutto fuorviante”. Teorema che riproduce gli effetti di un “grave abbaglio statistico/interpretativo”. Se, infatti, si legge ancora nella nota del Centro studi Cgia,” è palese che oltre l’82%dell’Irpef (e non il 90%) è versata all’erario da pensionati e lavoratori dipendenti, questo avviene perché queste 2 categoria rappresentano quasi l’89% del totale dei contribuenti Irpef presenti in Italia”.
Se si volesse dimostrare invece lo squilibrio del carico fiscale legato all’Irpef, la metodologia “corretta” consiste nel calcolare l’importo medio versato da ciascun contribuente facente parte di ognuna delle 3 principali tipologie che pagano l’imposta sulle persone fisiche: autonomi, dipendenti e pensionati. Ed è dunque applicando tale metodica che per la Cgia di Mestre si ribaltano i risultati.
I lavoratori autonomi pagano mediamente più tasse dei pensionati e dei dipendenti: secondo gli ultimi dati Mef disponibili sui redditi relativi al 2018 , infatti, emerge che, mediamente, i pensionati pagano un’Irpef netta annua di 3.173 euro, i lavoratori dipendenti di 4.006 euro e gli imprenditori/lavoratori autonomi di 5.741 euro.