Ucraina, l’ambiguità abita a sinistra. Ma il finto martire Saviano attacca i leader del centrodestra

4 Apr 2022 18:08 - di Marzio Dalla Casta
Saviano

Ossessione, più che missione. Frutto avvelenato di una malsana smania di protagonismo, da esibire ovunque e comunque. Anche se di mezzo c’è una guerra con il suo carico di lutti, di dolore e di ingiustizie. Ma tant’è: una volta l’Italia aveva un intellettuale vecchio fusto come Pier Paolo Pasolini, ora deve accontentarsi di un bellimbusto falso mito come Roberto Saviano. E già qui uno potrebbe raccogliere le proprie cose e andarsene via sibilando l’esplicativo «e ho detto tutto». Ma il dovere del cronista impone di spiegare. E noi lo facciamo partendo da una premessa tanto breve quanto necessaria. Eccola: a dispetto del suo sforzo per accreditarsi come una sorta di maudit dei tempi nostri, Saviano è un notaio dell’opinione dominante che sfila sul red carpet.

Saviano su Fb contro Meloni, Salvini e Berlusconi

Lui non insinua dubbi, ma appone timbri in calce alle certezze funzionali al mainstream. Gli piace sedere sul lato comodo della storia, più ancora esibendo l’aria profetica di chi ha già prenotato un posto d’onore nel martirio che verrà. Nel frattempo, fortifica la propria immagine di nemico dei nemici dell’establishment, tipo Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Proprio oggi li ha infilzati via Facebook rinfacciando loro – ora per allora – antiche dichiarazioni di omaggio alla Russia (Meloni) o filo-Putin (Berlusconi e Salvini). E sotto le loro foto, il pistolotto finale: «Non dimenticare mai chi ha sostenuto Putin e lo ha spacciato per modello politico». Non gli importa che i tre leader abbiano condannato l’invasione dell’Ucraina. Mica come tanti di sinistra, rimasti ambigui e pur tuttavia risparmiati dai suoi strali.

Il notaio dell’opinione dominante

Che uno così possa essere definito “intellettuale“, collaborare con il Corriere della Sera e ricevere supina riverenza nei talk show è certamente un segno dei tempi, contro cui è inutile combattere. Si arrangi perciò come può chi non ci ha fatto ancora l’abitudine. Ma non per questo rinunci a denunciare Saviano per quel che è. Anzi, per quel che non è: l’incarnazione del profeta scomodo e disarmato, di quelli – direbbe Machiavelli – «che sempre ruinorno». Al contrario, è un vera faina cui s’attaglia perfettamente l’invettiva dedicata da De Andrè ai tanti disposti a «morire per delle idee» purché, ovviamente, «di morte lenta». I finti martiri, insomma. Già, nessuno più e meglio di Saviano ne può essere il capo.

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