Calenda vuole l’Ungheria fuori dalla Ue. Ma lì governa chi vince, non chi perde (come da noi il Pd)

4 Apr 2022 16:03 - di Giacomo Fabi
Calenda

Buona la prima. Sì, ci era decisamente piaciuto di più il Carlo Calenda che ieri ha bacchettato Letta per lo zelo da novizio con cui aveva invocato l’embargo immediato sul gas russo. «Bravo Enrico, è con che cosa lo sostituisci?», aveva ironizzato. Strano a credersi, ma oggi è proprio il leader di Azione ad inciampare nella stessa foga del segretario del Pd nel commentare la soddisfazione («esattamente come Putin», ha insinuato in tweet) di Giorgia Meloni per la vittoria di Viktor Orban. E ancora: «Oggi l’Ungheria è la quinta colonna dei russi, meta di delocalizzazioni italiane, finanziata da fondi europei che paghiamo anche noi. Davvero non si capisce cosa aspettiamo a mandarli fuori dall’Ue». Eh, come corre. E poi quei toni da padrone delle ferriere che rinviano a quella visione aziendalista della politica tanto in voga negli anni ’90, cui solo a Berlusconi riuscì di trapiantarvi un cuore popolare.

Calenda contro Orban e la Meloni

Pretenderlo anche da Carletto è impossibile. Lui è un pariolino de sinistra intrufolatosi nella politica attraverso “Italia Futura” di Luca Cordero di Montezemolo, uno che pretendeva di cavalcare la vulgata anti-Casta agitata dal Corriere della Sera con un cognome più lungo di un treno-merci. Di sicuro più consono ad un diplomatico di carriera che ad un leader descamisado. Se ne  accorse da solo dopo una contestazione a Napoli che gli mandò la pizza di traverso: la Casta era anche lui. Irrimediabilmente. Non per caso fu un contras come Beppe Grillo a raccogliere i frutti dell’albero scrollato dal libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Un epilogo amaro, mai veramente archiviato da Calenda, lesto tuttavia a riciclarsi prima come ministro di Renzi (oggi odiato), poi come eurodeputato del Pd (successivamente ripudiato) e infine, in Azione, come apostolo della competenza.

In Italia le elezioni sono ormai un optional

Si limitasse a questo, sarebbe perfetto. Purtroppo si è incaponito con la politica, che non è esattamente la sua vocazione. Ne ha dato prova alle amministrative di Roma, quando di fronte ad un centrodestra in ganasce ne ha temuto la contaminazione precludendosi la possibile vittoria. Ma tant’è: da quel mondo lui i voti li vuole  gratis. Anzi, più si avvicinano le elezioni e più si rintana a sinistra, salvo sparare qualche bordata a salve contro i 5Stelle, con cui (scommettiamo?) andrà presto ad allearsi. La sortita anti-Meloni è nel copione. Come quella contro Orban, che vuole cacciare dall’Europa. Senza riflettere che l’illiberale premier ungherese governa vincendo le elezioni, non perdendole come i compagni del Pd. Forse, un partito da buttare fuori dalla Ue il super-democratico Calenda lo troverebbe più guardandosi attorno che andando a cercarlo sul mappamondo.

 

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