Non cancelliamo Dostoevskj ma è giusto pretendere che i docenti non siano “tifosi”

8 Mar 2022 15:05 - di Spartaco Pupo

Ciò che sto per dire susciterà un moto di repulsione nei tanti “putinisti”, mascherati e non,  che si indignano soltanto sul “no” a quattro lezioni sulla cultura russa incentrate unicamente su Dostoevskij. Ma è davvero strampalata la richiesta, peraltro rientrata, dell’Università di Milano-Bicocca? Secondo me no, o non del tutto. Non ho né il potere né il prestigio che hanno altri di andare a dirlo in TV o sui grandi giornali, i quali spesso inseguono, anche in questo triste momento, le tendenze intellettuali prevalenti, le uscite più sensazionalistiche e quelle a protezione degli equilibri dei vecchi apparati.

Giusto condannare la censura ma è giusto anche pretendere docenti non faziosi

Con tutto il rispetto dei colleghi coinvolti e della loro riconosciuta bravura didattica e intellettuale, mi permetto di dire che è giusto condannare la censura nelle università e nelle scuole, ma lo è parimenti “pretendere” docenti non troppo “monotematici”, faziosi e “tifosi”, che acriticamente si rivedono nei temi e nei pensatori che trattano. E’ chiedere troppo pagare le tasse universitarie e fruire del diritto allo studio per seguire corsi il più possibile aperti alla molteplicità concorrenziale delle visioni del mondo e dei modi di vita? Non credo. Credo anzi che ciò sia “costituzionale” almeno quanto la libertà di insegnamento riconosciuta ai docenti.

Bisogna aiutare gli studenti a pensare liberamente

Suvvia, non è più tempo di “indottrinare” i nostri giovani. Dobbiamo piuttosto aiutarli a pensare liberamente, a sapersi orientare, specialmente in questo delicato momento storico, di fronte a una pluralità di paradigmi e orizzonti di senso. Di tutto hanno bisogno i nostri giovani tranne che dell’imposizione di vecchi e pericolosi monismi teorici. Il rischio più grave che essi corrono, infatti, è di assoggettarsi incondizionatamente all’idea totalitaria che, purtroppo, riprende a spirare forte, da Est.

Per Dostoevsklij quella dell’Occidente è un’umanità cieca

Un’idea cui oggi il Patriarca ortodosso, in nome della Grande Madre Russia, dà il crisma della legittimità con la sua pesante dichiarazione a favore di Putin e per una guerra “giusta” ai valori e ai modelli occidentali. Un’uscita che, guarda caso, riecheggia molto le parole simili usate a suo tempo da Dostoevskij, il quale, va ricordato, non fu “uomo di un sol libro”.

Le parole del patriarca Kirill rasentano il razzismo

“Tutto il destino della Russia – scriveva infatti il grande scrittore russo – è nell’ortodossia, nella luce dell’Oriente che scenderà verso l’umanità cieca dell’Occidente, che ha perduto il Cristo”. Siamo sicuri che i giovani italiani, europei e occidentali oggi condividono il significato di queste parole? Davvero si riconoscono nell'”umanità cieca” della loro civiltà? Non credo. Magari non devono neanche farlo. L’importante è che però sappiano, magari dalla viva voce di professori intellettualmente onesti, dove andare a trovare quelle parole tra le pagine “meno belle” di quell’autore, come di molti altri, e che abbiano le giuste indicazioni anche su chi quelle parole le ha criticate, magari da altre prospettive e angolazioni ideologiche, perché ne hanno colto la pericolosità morale, prima che religiosa e politica. E allora, per favore, se non riuscite a indignarvi per la professata superiorità e per il “razzismo” insito nelle parole del Patriarca e del suo fedele alleato in questa nuova “guerra santa”, trovate almeno la forza di pretendere, in coscienza, che i nostri giovani ascoltino sempre e ovunque anche l’altra campana.

*Docente universitario di Storia delle dottrine politiche

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