Lo storico Niall Ferguson: quella di Biden non era una gaffe, lui vuole prolungare la guerra

30 Mar 2022 16:01 - di Lisa Turri
Biden

Cessano i bombardamenti su Kiev ma non c’è stata alcuna tregua degli attacchi russi su Chernihiv nonostante la promessa fatta ieri durante i negoziati in Turchia di ridurre drasticamente le operazioni militari nella zona. Che si trova a 150 chilometri a nord est di Kiev. Bisogna credere o no agli spiragli di pace che sembrano emergere dai negoziati?

Ferguson: l’ostacolo alla pace? Biden scommette sul prolungamento della guerra

Lo storico scozzese Niall Ferguson dice di non crederci tanto. Se la Russia manifesta volontà di trovare un accordo e Zelensky si dice favorevole alla neutralità dell’Ucraina resta un problema di non poco conto.  

“Il problema – dice Ferguson in un’intervista al Corriere – sono gli Stati Uniti: perché l’Amministrazione Biden si è imbarcata in una strategia che punta a prolungare  la guerra, nella convinzione che questo porterà a un cambio di regime in Russia. La cosiddetta gaffe di Biden non era affatto una gaffe: membri dell’Amministrazione hanno più volte indicato quella che chiamo la strategia cinica ma ottimista di prolungare la guerra e aspettare che le sanzioni facciano cadere Putin. Trovo però questa strategia straordinariamente rischiosa e pensata male”.

“Se gli Usa volessero si sarebbe già giunti alla pace”

“Se gli Usa – rincara la dose Ferguson – adoperassero la loro influenza sia su Ucraina che Russia per spingere a un cessate il fuoco, allora accadrebbe: e tuttavia l’Amministrazione Biden non sembra coinvolta nella diplomazia. È un grave errore: e i rischi di prolungare la guerra sono molto maggiori di quanto Biden non sembri comprendere. Potrebbe essere fortunato e magari Putin viene davvero rovesciato: ma se scommetti il futuro dell’Ucraina su questo esito, le chance mi sembrano terribili”.

Il rischio vero è la distruzione dell’Ucraina

Tra le conseguenze terribili Ferguson cita la distruzione dell’Ucraina “al punto da non essere è più una nazione sostenibile, magari con dieci milioni di profughi”. “Inoltre – conclude – se minacci Putin con un cambio di regime, le probabilità che ricorra a misure disperate per evitare la sconfitta crescono: e quelle misure disperate includono l’uso di armi nucleari. Lui non è Saddam o Gheddafi: ha un arsenale nucleare più vasto di chiunque al mondo ed è incredibilmente irresponsabile parlare apertamente di cambio di regime in queste circostanze. Putin deve essere portato al tavolo dei negoziati: dobbiamo sfruttare il fatto che è in difficoltà, non incoraggiarlo a prendere misure disperate».

 

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