Di Maio sgancia la bomba contro Conte: si dimette dal Comitato di garanzia. Ora punta alla leadership

5 Feb 2022 15:34 - di Chiara Volpi
Di Maio

Luigi Di Maio fa un passo indietro: si è dimesso dal comitato di garanzia del M5s e, un istante dopo, ha scritto al presidente Giuseppe Conte e al garante Beppe Grillo. Una lettera, visionata dall’Adnkronos, dai toni “ecumenici” in cui si invita ad ascoltare le diverse anime del movimento e ad aprirsi a un confronto che – mette nero su bianco il ministro degli Esteri – «ci permetta davvero di rilanciare il nuovo corso del Movimento 5 Stelle». Un gesto – come la comunicazione che ne spiega origine e intenzioni ufficiali – che non sorprende date le polemiche a distanza in corso da tempo tra Di Maio e Conte, che la turbolenta settimana quirinalizia ha contribuito ad elevare all’ennesima potenza. Una risoluzione che era nell’aria – carica di tensione – già da giorni insomma, con cui oggi il titolare del dicastero della Farnesina slatentizza una crisi che si protrae da troppo. E con cui Di Maio punta al ruolo di risolutore e, dunque, di leader.

Scontro con Conte, Di Maio si dimette dal Comitato 5S

Dunque, il lavoro di ricucitura di rapporti ormai lisi tra Di Maio e il leader pentastellato finisce nel vuoto. Un tentativo archiviato in soffitta, a cui neppure il plastico intervento social di Grillo – come quello dei diversi pontieri al lavoro nell’ultima fase movimentista – è riuscito a imprimere la spinta della svolta. Così, Di Maio prova a far ripartire la macchina grillina ingolfata e inceppata sui stessi ingranaggi interni, e nell’incipit della lettera spiega: «Sono state giornate intense. L’elezione del Presidente della Repubblica è un momento importante per la democrazia parlamentare. Un momento in cui viene fatta una scelta che segna la storia della Repubblica per i successivi sette anni».

E scrive a Conte e a Grillo: «Situazione difficile»

E ancora: «Dopo la rielezione del presidente Sergio Mattarella, ho proposto di avviare una riflessione interna al Movimento. Penso che all’interno di una forza politica sia fondamentale dialogare. Confrontarsi. E ascoltare tutte le voci. Tutte le anime. Anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee. E lo dico perché anche io in passato ho commesso degli errori su questo aspetto. Errori che devono farci crescere e maturare. Sarebbe sbagliato, invece, fare passi indietro».

L’appello all’unità e all’ascolto persi per strada

Non solo. Nella missiva lo scrivente evoca «la libertà di alzare la mano e dire cosa non va bene e cosa andrebbe migliorato. Rivendica la necessità dell’«ascolto» a fronte di una situazione in cui, ormai, «il dibattito interno è degenerato». Poi, ringraziati «gli iscritti che mi avevano votato ed eletto… «Virginia (Raggi) e Roberto (Fico) che mi avevano votato presidente, e Beppe per la fiducia nell’avermi indicato nella rosa dei potenziali membri del Comitato», si dimette lanciando l’ennesimo appello all’unità. Una dimensione lontanissima al momento dalla tormentata galassia pentastellata, funestata da abbandoni e fronde.

Con la settimana quirinalizia il colpo di grazia al M5S

Una realtà, quella dei 5S, a cui l’ultima settimana politica votata all’elezione presidenziale ha dato il colpo di grazia. Una settimana punteggiata da accuse reciproche di tramare ciascuno alle spalle dell’altro. Di lavorare sottobanco come tante monadi. In nome di obiettivi individuali e ciascuno a sostegno del proprio candidato. Un tutti contro tutti, culminato nella spaccatura sul nome di Elisabetta Belloni: sparato nel mucchio da Conte. Lasciato decantare da Grillo con un cinguettio social. Bocciato da Di Maio. E tutto in appena un paio d’ore.

Di Maio ha sganciato la bomba che disintegra le contromosse di Conte e gli appelli di Grillo: e ora che succede?

Insomma, una chiamata all’unificazione – fin qui disdegnata dallo stesso ministro – e un appello all’ascolto e al rilancio, con cui Di Maio prova a recuperare la leadership del Movimento, abbandonata due anni fa proprio per lo stesso motivo: le faide interne e le congiure striscianti. Una leadership contesa che riaccende le ostilità al vertice: con Conte che ricorda all’ami-nemico come le correnti interne siano vietate dallo statuto grillino. E con l’appello dello stesso Grillo «a non dissolvere il dono del padre nella vanità personale», disintegrato dalla bomba sganciata oggi dal suo delfino.

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