Assolta l’infermiera di Piombino: era accusata di dieci morti sospette. «Mi hanno creduta»

25 Gen 2022 8:35 - di Mia Fenice
infermiera Piombino

L’infermiera di Piombino Fausta Bonino, 58 anni, è stata assolta dai giudici della Corte di appello Firenze. Era accusata di omicidio volontario plurimo aggravato per dieci morti sospette.  Tutte avvenute nel reparto di rianimazione dell’ospedale Villamarina di Piombino (Livorno), dove la donna lavorava, tra il settembre del 2014 e il settembre del 2015. Il sostituto procuratore Fabio Origlio aveva chiesto la condanna all’ergastolo per nove dei dieci casi contestati. I difensori dell’infermiera, che si è sempre proclamata innocente, avevano chiesto l’assoluzione. In primo grado il gup del Tribunale di Livorno, il 19 aprile 2019, l’aveva condannata all’ergastolo. Riconoscendone la colpevolezza solo per quattro delle dieci morti sospette. La donna è stata condannata a un anno e mezzo per il reato di ricettazione.

L’infermiera di Piombino: l’accusa

L’infermiera di Piombino fu arrestata il 30 marzo 2016 perché sospettata di aver ucciso una serie di pazienti durante la loro degenza nel reparto di anestesia e rianimazione con “bombe” di anticoagulante eparina. Il 20 aprile 2016 il Tribunale del Riesame di Firenze annullò l’ordinanza di custodia in carcere e Fausta Bonino venne rimessa in libertà. La donna, secondo l’accusa, avrebbe pianificato e causato la morte di dieci persone. Mediante l’uso “deliberato e fuori dalle terapie prescritte” di eparina in dosi tali da “determinare il decesso” provocato da improvvise emorragie.

La condanna all’ergastolo

L’infermiera nel frattempo era stata sospesa dall’Asl e si è sempre proclamata innocente. Il 19 aprile 2019 fu condannata all’ergastolo dal gup del Tribunale di Livorno, Marco Sacquegna, per omicidio volontario plurimo e aggravato per quattro morti sospette. Bonino fu assolta per gli altri sei casi perché il fatto non sussiste; assolta anche per il reato di abuso di ufficio. Il legale dell’infermiera, l’avvocato Cesarina Barghini, nel corso dell’arringa difensiva aveva chiesto al giudice l’assoluzione della sua assistita. E, parlando con i giornalisti dopo l’udienza, aveva affermato che in caso di condanna, si sarebbe trattato del più grave errore giudiziario a Livorno.

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