Ribaltone del “Financial Times” su Draghi: ora vuole che SuperMario traslochi al Quirinale

20 Dic 2021 18:18 - di Valerio Falerni
Draghi

Contrordine: Mario Draghi sarebbe più utile all’Italia da presidente della Repubblica che da premier. E questo perché la priorità è che le riforme che ha avviato vedano effettivamente la luce. A sostenerlo, in un articolo sul Financial Times che ribaltando completamente l’analisi sulla situazione italiana pubblicata dallo stesso quotidiano meno di due settimane fa, l’immarcescibile Bill Emmott. L’ex-direttore dell’Economist è una vecchia conoscenza dell’Italia, nazione che ha spesso sferzato nella sua lunga carriera. Fu suo il famoso titolo di copertina dell’EconomistUnfit to lead», inadatto a governare) dedicato nel 2001 a un Silvio Berlusconi fresco di successo elettorale. E chissà che non sia proprio l’obiettivo di tagliare la strada del Quirinale al Cavaliere a convincerlo a capovolgere la linea del Financial in maniera così improvvisa.

L’8 dicembre scriveva che Draghi doveva restare al governo

Ma tant’è: «Come economista – argomenta Emmot – Draghi conosce la teoria del “second best“, il secondo miglior risultato». Significa che «in uno scenario perfetto, resterebbe presidente del Consiglio per i cinque anni del Pnrr». Ma «se lo scenario perfetto non è possibile, è giusto optare per la scelta imperfetta migliore, ovvero che Draghi sia eletto presidente della Repubblica a fine gennaio per sorvegliare l’esecuzione delle riforme per i prossimi sette anni». Questa opzione è la seconda migliore perché l’ipotesi che Draghi resti premier fino al 2023, quando si dovrebbero tenere le elezioni, «è un’illusione». Il motivo è chiaro: «I passi avanti che è riuscito a fare nei suoi 10 mesi in carica sono dipesi da un tregua tra i partiti che formano la coalizione».

L’articolo è di Bill Emmot

Fra un mese, profetizza Emmott, non sarà più così. «Dopo gennaio – scrive, infatti – questa tregua potrebbe durare altri sei mesi al massimo». Dopo di che cominceranno le pressioni per andare alle urne. Per Emmott, insomma, la scelta è tra alcuni mesi in una poltrona sempre più scomoda o sette anni come arbitro della partita. Tanto più che nei mesi in cui è stato presidente del Consiglio «Draghi ha già ottenuto molto». Tuttavia, guardando avanti, sarà necessario «non solo garantire che i soldi del Pnrr siano ben spesi, ma che questo sia accompagnato da una riforma profonda e sostenuta della pubblica amministrazione, della giustizia e del sistema fiscale». È un progetto a lunga scadenza che dovrà ipotecare anche l’attività dei governi successivi. E chi meglio di Draghi? Nessuno ovviamente. Almeno per oggi. Fra due settimane, chissà.

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