L’immunologo Minelli irritato dagli accenni alla quarta dose: non possiamo cambiare idea ogni mese, ci vuole serietà
L’immunologo Mauro Minelli critica i virologi che stanno già parlando in queste ore di quarta dose. “È nei momenti più critici che si valuta e si misura il valore di chi decide e l’efficacia delle sue decisioni – osserva – che non possono cambiare una volta al mese. Altrimenti, più che decisioni diventano opzioni cabalistiche del tipo ‘proviamo e vediamo come va. Poi se non va, cambiamo’. Perché fin dall’introduzione della cosiddetta terza dose non si è precisato subito che si sarebbe verificata sul campo (avendo al momento solo ‘profezie e non certezze univoche, consolidate e numericamente credibili) l’opportunità e la tempistica per procedere ad un nuovo eventuale richiamo?”.
Minelli fa riferimento, in particolare, al presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, che parla di una quarta dose di vaccino Covid-19 come probabilità concreta.
Per Minelli sono tanti gli interrogativi ancora senza risposta. “Perché non mettere a punto una metodica di laboratorio – chiede – che possa dare informazioni attendibili sulle dinamiche dell’immunizzazione, utili, se non a personalizzare auspicabilmente le procedure vaccinali, almeno a ottenere riscontri fondati sui quali calendarizzare le eventuali, prossime dosi? E i guariti da Covid-19 come dovranno regolarsi? Per caso come se l’immunità naturale, pure robusta e rassicurante, fosse un addendo opzionale pur sapendo della grande improbabilità che un guarito da Covid-19 possa riammalarsi della stessa malattia?”
“Ed è possibile che in una comunità di Stati riuniti in un’aggregazione economica e politica sovranazionale – chiede ancora l’immunologo – ogni stato membro decida per suo conto, generando letture difformi di un unico fenomeno e conseguenti disposizioni così tanto eterogenee? Ancora non è stato insediato un organismo centrale che decida in modo univoco per tutto il continente europeo, e chi si sposta oltre confine in Europa deve rifarsi all’antico ritornello ‘Paese che vai, usanze che trovi’ per un fenomeno socio-sanitario che, invece, è sempre lo stesso ad ogni latitudine”.
“Il quinto Rapporto sfornato ieri dal Censis – ricorda Minelli – ci informa che per il 5,9% degli italiani il Covid non esiste. Guarda caso è la stessa identica percentuale di soggetti che nel nostro Paese è convinta che la terra sia piatta. E come sovrapponibilità di livelli intellettivi ci siamo. Ma lo stesso rapporto ci dice che per il 10,9% di italiani il vaccino è inutile. Ecco questo dovrebbe essere l’impegno che tutti noi, lettori dei fenomeni sociali, operatori sanitari e decisori, dovremmo collegialmente assumere: convincere la nostra gente che ciò che diciamo e proponiamo, ciò per cui mettiamo la faccia e spendiamo il nostro sapere è sempre e rigorosamente poggiato su fondamenti di serietà e soprattutto di rigore. Sarebbe davvero l’ora”.