Immunità, i grillini si astengono su Cesaro e Renzi. Travaglio & Co sull’orlo di una crisi di nervi
Dura la vita di Marco Travaglio e dei redattori del Fatto Quotidiano. Meritano davvero piena, totale e incondizionata solidarietà. Tranquilli: nessun allarme bomba né, per fortuna, assalti armati modello Charlie Hebdo. La nostra è la vicinanza di chi, giornalista di partito, comprende fin troppo bene lo sforzo di chi scrive per un giornale che si fa esso stesso un partito. Che è come dire che se noi stiamo inguaiati, loro – se possibile – ancor di più. Già, dev’essere triste, tristissimo, duellare tutti i giorni contro la realtà per poi puntualmente concluderne come quel che tale che disse «la situazione non ci ha capiti» e ritentare all’indomani.
Il Fatto sempre più partito e sempre meno giornale
Purtroppo (per lui), Travaglio è troppo pieno di sé per ammetterlo. Eppure, sarebbe un omaggio al buon senso riconoscere che il suo tentativo di mettere in concorrenza il Fatto con il primo e più riuscito caso di giornale-partito (leggi Repubblica) frana ogni giorno sotto l’insostenibile leggerezza del partner politico prescelto, i 5Stelle. Vuoi mettere? Repubblica si è incistata nel Pd, il cui retrobottega pullula di gente uscita dalle Frattocchie, mentre er mejo der mejo della tribù grillina è Giggino Di Maio. «E ho detto tutto», chioserebbe Totò. Sarebbe come pretendere di schierare la selezione degli Scapoli&Ammogliati contro il Real Madrid. Non c’è partita.
Travaglio sfinito dai cedimenti 5Stelle
Lo comprenderebbe persino un bambino. Ma non Travaglio, quantunque costretto ad abbassare quotidianamente l’asticella identitaria dei pentastellati. Giù, sempre più giù. Ora è praticamente rasoterra. E non è escluso che debba addirittura interrarla dopo che i tre grillini della Giunta per le Immunità del Senato si sono astenuti sull’autorizzazione ai “domiciliari” per il forzista Cesaro e sul ricorso alla Consulta contro i pm che indagano su Matteo Renzi. Manca solo il ripristino dei vitalizi con annesse scuse alla Casta per chiudere in bellezza il festival della retromarcia. Capirete che con questa creta l’ambizione di contendere a Repubblica il ruolo di giornale-partito va a farsi friggere.
Somari e mosche cocchiere
Per questo non vorremmo essere nei panni di Travaglio, di un Peter Gomez o di un Antonio Padellaro. Non fa piacere a nessuno farsi il mazzo per poi ritrovarsi a stringere il classico pugno di mosche. Prendete l’elezione per il Quirinale: in quattro e quattr’otto allestiscono una petizione contro “B” al Colle e quell’anima bella di Conte che ti combina? Se ne va in giro a dire che «“B” ha fatto anche cose buone». Ma si può? No, non si può. Il guaio è che Travaglio&Co. non hanno alternative. Meglio, ce l’avrebbero: tornare al vecchio mestiere di cronisti e a raccontare la realtà senza pruriti da mosche cocchiere, quelle che ronzano davanti agli occhi del cavallo illudendosi di guidarlo. Tanto più che tre anni sono bastati a dimostrare che i grillini non sono né purosangue né ronzini, ma semplicemente somari.