Csm, la legge profetica di Giuseppe Valentino: 10 anni fa capì cosa non andava (e come riformarlo)
L’imperativo è fare presto, perché non ci si può permettere di arrivare all’elezione del Csm con le vecchie regole. Quelle, per intendersi, del cosiddetto “sistema Palamara”. Il punto è, però, che mentre la politica si macera sulla riforma del Csm e su come farla senza dover mettere anche mano alla Costituzione, il tempo passa e la scadenza elettorale del luglio 2022 è dietro l’angolo. Tanto più che l’iter del disegno di legge delega al governo stenta a decollare: ripreso ieri in Commissione giustizia alla Camera, è stato subito aggiornato. Eppure un testo che potrebbe sciogliere tutti i nodi esiste da tempo: lo presentò nel 2009, come primo firmatario, l’allora senatore del Pdl, Giuseppe Valentino, oggi presidente della Fondazione An.
La riforma del Csm proposta 10 anni fa da Valentino
Il ddl Valentino, già molto prima degli scandali che sarebbero arrivati dieci anni dopo, proponeva una soluzione a quello che poi tanti avrebbero definito «il cancro della magistratura»: le correnti. Perché è vero che allora per molti uno scandalo su un “caso Palamara” poteva essere al massimo una distopia, ma è altrettanto vero che le sue radici erano già state ampiamente gettate. E c’era chi proponeva di estirparle con una legge ordinaria che, se approvata, avrebbe messo l’Italia e la sua magistratura al riparo da tante ignominie. Cosa proponeva, dunque, già dieci anni fa, la “legge Valentino”? Una soluzione tanto semplice, quanto efficace e oggi al centro del dibattito: il sorteggio dei membri eleggibili al Csm, attuabile a Costituzione invariata.
Una legge che avrebbe evitato il “sistema Palamara”
La legge puntava a «garantire un reale autogoverno e contrastare la degenerazione correntizia nella magistratura e la conseguente politicizzazione delle scelte del Csm», spiegò Valentino illustrando il testo ai colleghi senatori. «L’articolo 104 della Costituzione – si legge ancora nel resoconto del luglio 2009 – prevede che i membri togati del Csm siano eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie».«L’elezione – era l’indicazione di Valentino – dovrà pertanto avvenire dopo che la determinazione della lista degli eleggibili da trarre a sorteggio tra le varie categorie. In questo modo non si violerà né il principio della elezione né il presupposto dell’autogoverno».
Una riforma per eliminare il vizio di fondo del Csm
«Anzi, con riferimento a quest’ultimo principio, il sistema otterrà un importante beneficio in termini di imparzialità dell’operato dell’organo, giacché si sconfiggerà il fenomeno del cosiddetto “correntismo”, che comporta possibili violazioni del principio di imparzialità essendo le decisioni del Csm oggettivamente influenzabili dall’appartenenza del magistrato sottoposto al giudizio a una delle correnti di cui sono espressione i componenti dell’organo di autogoverno. Sarà, inoltre, evitata la prassi di procedere a lunghe “campagne elettorali”, nello stile della politica e dei partiti, all’esito delle quali i magistrati “eletti” sulla base di programmi politici dovranno giudicare i loro elettori, dopo aver richiesto il voto in maniera diretto o attraverso la mediazione di una corrente».
I molti vantaggi dell’estrazione degli eleggibili
«L’estrazione a sorte degli eleggibili – sottolineava quindi Valentino – porterà con sé molteplici vantaggi: 1) impedire la costruzione di una carriera parallela su base correntizia; 2) rendere il componente del Csm libero da condizionamenti, non essendo la sua candidatura espressione di gruppi o componenti organizzate; 3) assicurare, dunque, una giurisdizione consiliare maggiormente ancorata al principio dell’imparzialità, rappresentando espressione di un reale autogoverno il cui esercizio potrebbe essere così affidato a tutti, dunque, e non solo a quanti abbiano intrapreso carriere politiche all’interno della magistratura. Il meccanismo di elezione fungerebbe poi da strumento per assicurare in ogni caso che i più stimati tra gli estratti a sorte possano accedere all’organo di autogoverno».
L’indipendenza del singolo giudice non è una “scoperta” di Cartabia
Dunque, Valentino, che contemplava un aumento dei membri del Csm e fra gli eleggibili ricomprendeva anche i magistrati ordinari senza funzioni giudiziarie, nel 2009 anticipò i tutti i temi più spinosi posti oggi all’attenzione e all’urgenza della politica e dell’opinione pubblica. Non ultima quella «garanzia di indipendenza del singolo giudice anche all’interno della stessa magistratura» della quale ha parlato in questi giorni il ministro Marta Cartabia, suscitando il plauso di diversi osservatori per aver posto l’attenzione su «un punto importante e forse mai illuminato così esplicitamente», per citare Avvenire. In realtà, a ben vedere, quel punto, così come l’urgenza di un intervento di riforma del Csm, in questi tempi richiamata più volte dallo stesso Mattarella, risulta «illuminato» già una decina di anni fa.