Speranza: «Cure anche ai non vaccinati. La Costituzione è chiara». E boccia il modello Austria

15 Nov 2021 8:48 - di Mia Fenice
Speranza

«Se una persona sta male, va curata. Non conta se uno è ricco, il colore della pelle, dove è nato. Non conta nemmeno se è vaccinato». Il ministro della Salute, Roberto Speranza, esclude categoricamente la possibilità di cure a pagamento per i cittadini non vaccinati contro il Covid. «Chi non si vaccina non aiuta se stesso, gli altri e il Paese: non c’è alcun dubbio. Io ho una posizione molto netta ma al tempo stesso penso che la nostra Costituzione ci dia un messaggio non negoziabile, non può essere messo in discussione. Il nostro è un sistema universalista: se una persona sta male, si cura», dice Speranza a Che tempo che fa, su Raitre.

Speranza: «L’Italia deve difendere il suo impianto universalista»

«Non può essere una condizione come il “non vaccinato” a spingerci a trattare diversamente una persona. Questa impostazione – dice facendo riferimento alla linea stabilita ad esempio a Singapore – va oltre i limiti che la Costituzione ci impone. Non arriverei al punto di dire che se una persona non è vaccinata non la curiamo: il paese deve difendere il proprio impianto universalista, questo non è negoziabile».

«Avrei tanto motivi di arrabbiatura, ma penso che la nostra Costituzione venga prima: se una persona sta male, va curata», ribadisce.

Speranza: «Il paragone con l’Austria non regge»

Speranza poi boccia anche  l’ipotesi di lockdown mirati solo ai non vaccinati. «Anche in Italia c’è una crescita del contagio che deve portarci ad alzare il livello di attenzione. In questo momento manteniamo le regole esistenti». Ad oggi, dice il ministro, non è prevista l’adozione di nuove misure davanti all’aumento dei contagi. Non c’è dubbio che dobbiamo monitorare il quadro epidemiologico. Il paragone con altri paesi come l’Austria», che vara il lockdown per i non vaccinati, «non può tenere: l’Austria ha 9 milioni di abitanti e ha 13mila casi, l’Italia ha 60 milioni di abitanti e ha avuto 8.500 casi. C’è una differenza marcata: noi dobbiamo continuare a verificare l’evoluzione della curva, come abbiamo fatto in questi mesi adeguiamo le misure alla curva epidemiologica. Abbiamo bisogno che tutte le persone vaccinate vadano a farsi il richiamo dopo sei mesi per alzare il livello di protezione».

«L’86,75% ha fatto la prima dose e l’84,12% ha completato la vaccinazione»

«Da diverse settimane in Europa c’è una fase di peggioramento del quadro epidemiologico, era atteso: in autunno e inverno si sta molto al chiuso, c’è maggiore facilità di avere occasioni di contagio. I numeri dell’Italia sono più bassi rispetto a quelli di altri paesi che stanno decidendo misure robuste», ribadisce. «Anche da noi c’è una crescita del contagio che deve portarci ad alzare il livello di attenzione. In questa fase le precauzioni sono decisive. La vera differenza sta nel tasso di vaccinazione: i nostri numeri sono tra i migliori a livello europeo e mondiali. Ad oggi, l’86,75% degli over 12 ha fatto la prima dose, l’84,12% ha completato il ciclo di vaccinazione», dice.

Come sarà il Natale

Come sarà il Natale? «Dipende da noi. L’indice Rt e l’incidenza che ci saranno tra dieci giorni non sono già decisi, dipendono da noi. I fattori essenziali sono la campagna di vaccinazione – il richiamo è fondamentale – e le modalità comportamentali corrette: possiamo evitare le restrizioni. L’indice di contagio tra un mese dipenderà dai nostri comportamenti e dalle vaccinazioni. La stragrande maggioranza degli italiani in questi mesi è stata straordinaria. Il mio messaggio è questo: nelle prossime settimane arriva una curva insidiosa, non possiamo pensare che quello che accade in Germania, Francia o Austria non ci riguardi. Dobbiamo alzare l’attenzione, devono farle le istituzioni ma poi c’è un ruolo determinante delle persone. È il momento di usare la mascherina, di avere più cautela nel distanziamento e di fare la dose di richiamo».

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