Terroristi rossi rifugiati a Parigi, Cartabia accelera sull’estradizione: scacco ai giudici francesi
Al via lo sprint per catturare i terroristi rossi. Il Ministero della giustizia scrive ai pm delle Procure delle città, teatro di alcuni dei delitti più gravi ed efferati che insanguinarono gli anni di piombo. È partita ieri, riferisce sul caso Il Giornale, «l’iniziativa che racconta come la partita per riportare in Italia il gruppo di nove ex terroristi colpiti nell’aprile scorso da mandato di arresto in Francia, dove sono rifugiati da decenni, non sia ancora chiusa». Nonostante, tanto per capirci, del gruppo faccia parte anche uno dei più pericolosi tra i ricercati: il fondatore dei Proletari armati per il comunismo, Luigi Bergamin. Un terrorista condannato a 27 anni di carcere per i delitti commessi insieme a Cesare Battist: il killer dei Pac con cui ha condiviso anni di latitanza in Francia. E che ora, dopo l’estradizione dalla Bolivia, sta scontando la sua pena in un penitenziario sardo.
Caccia ai terroristi rossi rifugiati in Francia: la mossa della Cartabia
Entrambi liberi e protetti per decenni. Come gli altri elementi del gruppo, e come noto e sottolineato dalla sollecitudine dell’intervento del ministro Cartabia, tutti terroristi latitanti e coccolati oltralpe anche troppo a lungo. E tutti, non a caso, solerti nel continuare a nascondersi dietro la foglia di fico di «rifugiati politici». Abili e abilitati a imbastire sulla sedicente definizione, la rete slabrata di una battaglia legale con cui mirano a sfuggire alle maglie della giustizia. Un tentativo forzato in corso da anni. E esperito ancora una volta dal minuto dopo la recente liberazione. Seguita a breve dall’ultimo arresto.
La ministra scrive ai pm delle Procure interessate: inviate i documenti per l’estradizione
Un coriaceo impegno con cui i nove terroristi rossi, in fuga dalle loro responsabilità, hanno eretto un muro di coperture e ostruzionismo che, anche ultimamente, sembrava potesse continuare a proteggerli. Ora, però, la mossa del ministro Cartabia forza la partita. E, soprattutto, rilancia una strategia interventista e imprime un’accelerazione ai tempi dilatati da burocrazia e lungaggini della magistratura francese. Come scrive il quotidiano diretto da Minzolini, infatti, «l’aspetto surreale è che siano passati sei mesi prima che i giudici transalpini si accorgessero che nei fascicoli inviati dall’Italia per l’estradizione mancavano documenti considerati “indispensabili”»…
Uno sprint, quello del Ministero della Giustizia, contro le lungaggini d’oltralpe
E così, non appena la richiesta di integrazione documentale è arrivata negli uffici di via Arenula, dall’Italia è scattata la contromossa. Tradotta in pratica come la disposizione alle Procura interessate di fornire immediatamente la documentazione richiesta. A questo punto non resta che augurarsi che la giustizia francese risponda agendo con altrettanta disponibilità e sollecitudine alla domanda di estradizione. Lo sprint è scattato. Qualcosa almeno si sta muovendo...