Pasticcio in Vaticano al processo per la compravendita del palazzo londinese
Perfino il pm Diddi, noto avvocato romano (è stato il difensore di Salvatore Buzzi) che, in questo caso, indossa i panni del cosiddetto “promotore di giustizia” vaticano ammette che nel processo per la compravendita del palazzo londinese di Sloane Avenue che si sta svolgendo nella Santa Sede e nel quale lui rappresenta l’accusa c’è qualcosa che sta andando storto al punto da richiedere lui stesso di garantire il diritto alle difese a cui finora sono stati negati documenti fondamentali.
Dire che il processo per la vicenda londinese è un pasticcio non rende bene l’idea. Fatto sta che le difese dei dieci imputati nell’ambito del processo in Vaticano sullo scandalo finanziario legato alla compravendita del palazzo londinese chiedono al Tribunale vaticano di annullare il processo che ha, tra gli imputati, anche il cardinale Angelo Becciu, presente anche oggi in aula insieme a monsignor Mauro Carlino.
In pratica, i difensori dei dieci imputati chiedono la nullità della richiesta di citazione perché lamentano il mancato deposito degli atti in cancelleria affinché possa essere garantito l’esercizio del diritto di difesa.
Tra loro, c’è chi lamenta il deposito degli atti, altri il mancato deposito di supporti informatici.
Su tutto svetta, però, il mancato deposito di quella che è considerata la ‘prova regina’. Vale a dire la videoregistrazione dell’interrogatorio a monsignor Alberto Perlasca, il pentito del processo.
Tutti documenti che il presidente Pignatone, nella prima udienza di luglio, aveva invitato a depositare da parte dei pm.
Sulla ‘prova regina’ c’era stata la contromossa dei pm che, ad agosto, si sono opposti a questa richiesta sostenendo che la diffusione del video interrogatorio a Perlasca sarebbe “lesiva della privacy”.
Oggi oltretutto il pm Diddi, a proposito della quantità di materiale da archiviare agli atti, ha detto che ha costi elevati pari a “271mila euro”.
Al che il presidente Pignatone gli ha fatto notare: “non era lei a dovere decidere”. E il pm Diddi a quel punto ha detto: “Forse abbiamo sbagliato“. Pignatone ha poi chiosato: “Comunque i difensori hanno diritto di avere queste copie“, in nome del giusto processo.
Insomma già il surreale dialogo tra Pignatone e Diddi rende bene l’idea del pastrocchio oltretevere.
La seconda udienza nell’ambito del processo in Vaticano sullo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese era iniziata con la richiesta “sorprendente” – per sua stessa ammissione – del pm Diddi che ha chiesto la “restituzione degli atti” al Promotore di Giustizia (cioè a lui stesso) per garantire a tutti gli imputati – dieci insieme al cardinale Angelo Becciu – un “corretto interrogatorio” e perché “non vengano calpestati i loro diritti di difesa“.
Nel corso dell’udienza Diddi, ha dato voce anche al suo disagio “per gli attacchi violenti” ricevuti da alcuni media “che sono – ha denunciato – forzature per condizionare l’attività del tribunale“.
“Il processo – ha lamentato Diddi – sta crescendo con montature false. Quali sarebbero le prove false? Questo Tribunale non se lo può permettere”.
A sua volta il presidente Pignatone ha detto che per il tribunale “è irrilevante ciò che esce dai media, contano gli atti e la loro completezza che ancora non c’è“.
A proposito del mancato deposito di atti, l’avvocato Bassi che difende Fabrizio Tirabassi ha parlato di “denegata giustizia“.
Il legale del cardinale Becciu, Fabio Viglione, ha ricordato che “garantismo non significa offrire opzioni per nuovi interrogatori“, in pratica quello che ha chiesto Diddi proponendo la restituzione degli atti al Promotore di giustizia, “ma la difesa deve potere attingere a tutti gli atti”.
Domani il presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, alle 9.30, deciderà sulle “maxi richieste” delle difese degli imputati.
“Data la complessità dell’udienza – ha detto a fine udienza Pignatone – domani alle 9.30 deciderò sulla maxi richiesta delle parti” che chiedono appunto la nullità delle citazioni in giudizio.
Pignatone potrebbe poi decidere anche sulla richiesta “sorprendente” del pm aggiunto Diddi che ha proposto la “restituzione degli atti al Promotore di giustizia per non calpestare i diritti degli imputati“. Una richiesta motivata dal fatto di garantire a tutti gli imputati “un corretto interrogatorio”.