La Cia voleva rapire e uccidere Assange: tra le “opzioni” anche una sparatoria a Londra con le spie russe
La Cia aveva preso in considerazione dei piani per il rapimento e persino l’assassinio di Julian Assange, nel timore che il fondatore di Wikileaks stesse preparando una fuga dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove era rifugiato. La rivelazione arriva da un’inchiesta di Yahoo News sulla base di conversazioni avute con decine di ex funzionari dell’intelligence e sicurezza Usa che hanno spiegato che furono prese in considerazione, anche “ai massimi livelli”, diverse “opzioni” e “idee” su come si potesse portare avanti un’operazione del genere se fosse stata effettivamente richiesta.
Allora Assange era rifugiato nella sede diplomatica già da cinque anni, durante i quali era costantemente monitorato dall’intelligence americana. Ma nel marzo del 2017 Wikileaks pubblica i documenti del ‘Vault 7″ rivelando al mondo gli strumenti usati dalla Cia per le sue operazioni di hackeraggio e monitoraggio.
La nuova pubblicazione fece andare su tutte le furie Mike Pompeo, direttore della Cia, prima di essere spostato da Trump al dipartimento di Stato, che comincia a rivolgere ad Assange un’attenzione motivata più “dal desiderio di vendetta” che da un effettivo “livello di minaccia”, rivelano le fonti.
Yahoo news: “Ci fu un piano della Cia contro Assange”
Secondo la ricostruzione di Yahoo News, l’intelligence Usa aveva ricevuto comunque informazioni riguardo alla possibilità che Assange potesse fuggire in Russia per ottenere asilo. E che agenti russi fossero impegnati a facilitare la sua fuga, come avevano aiutato Edward Snowden a fuggire da Hong Kong.
Secondo i piani presi in considerazione, agenti dell’intelligence americana sarebbero stati pronti, in caso di fuga di Assange, a bloccare a tutti i costi l’auto o addirittura l’aereo in cui i russi avrebbero caricato il fondatore di Wikileaks.
Un metodo prevedeva un potenziale scontro a fuoco con gli agenti del Cremlino nelle strade di Londra, un altro era far schiantare un’auto contro il veicolo di fuga di Assange o sparare alle gomme del suo aereo per impedirne il decollo.
Le accuse contro la presidenza Trump, ma i nemici di Assange erano altri
Interpellato da Yahoo News, Trump ha negato di aver mai ordinato di prendere in considerazione questi piani. “E’ totalmente falso, in effetti credo che sia stato trattato molto male”, ha detto l’ex presidente di Assange che dal 2019 è in prigione nel Regno Unito, da quando l’Ecuador ha ritirato l’asilo, in attesa della decisione sull’estradizione negli Stati Uniti che l’accusa di spionaggio.
In effetti, Trump aveva spesso elogiato WikiLeaks durante la campagna elettorale dopo aver rivelato più e-mail di funzionari del Partito Democratico. Tra i motivi della vittoria della campagna elettorale contro Hillary Clinton c’erano proprio i dossier di Wikileaks.
Infatti, Assange nei suoi dossier ha preso di mira Hillary Clinton accusandola di aver contribuito a far nascere l’Isis, o di prendere con la sua fondazione i soldi sporchi dei sauditi, Wikileaks ha continuato a pubblicare una immensa mole di documenti riservati, dimostrando come la Cia abbia sviluppato, dal 2013 al 2016, strumenti potentissimi di hackeraggio, al punto quasi da perderne il controllo.
Assange e quei dispacci sulla Pfizer
Tra le pubblicazioni di Wikileaks che hanno messo nei guai gli Stati Uniti anche una vicenda che riguarda la Pfizer. Secondo quanto riportato in un documento dell’ambasciata degli Stati Uniti in Nigeria diffuso da Wikileaks, Pfizer, la più grande casa farmaceutica al mondo, avrebbe indagato segretamente su un procuratore generale per trovare e pubblicare fatti del suo passato utili a spingerlo ad abbandonare una causa legale, incentrata su un farmaco per bambini contro la meningite. Interpellata dal Guardian, la Pfizer aveva negato le accuse definendole «completamente false». La Nigeria aveva sporto denuncia contro la Pfizer per un farmaco sperimentale contro la meningente, il Trovan, che secondo l’accusa avrebbe contribuito alla morte di diversi bambini. L’intera vicenda venne alla ribalta dell’opinione pubblica dopo un’inchiesta del Washington Post del dicembre 2000, suscitando un notevole clamore a livello internazionale.