Iran, condannati a 5 anni di carcere tre cristiani: la polizia li aveva trovati in possesso di alcune Bibbie
Essere cristiani in Iran? Un martirio. Ne sanno qualcosa Milad Goudarzi, Ameen Khaki e Alireza Nourmohammadi (nella foto dal sito Article18).
Le autorità iraniane della cittadina di Karam li hanno infatti condannati a cinque anni di carcere, ridotti poi a tre in appello con pena sospesa ma obbligo di firma. I tre cristiani convertiti sono accusati di “propaganda” contro l’Iran per aver abbandonato l’Islam.
La denuncia arriva dalla ong attivista Article18, con sede a Londra e in prima fila nella denuncia di violazioni alla libertà religiosa nella Repubblica islamica. Fra i capi di imputazione che hanno portato alla sentenza di condanna ci sono “aver diffuso una falsa propaganda contro lo Stato e attività educative deviate in contrapposizione all’islam”, cioè professare una fede diversa da quella musulmana.
I giudici hanno poi concesso la libertà su cauzione, dietro il pagamento di quasi 9mila dollari. I tre dovranno presentarsi almeno una volta a settimana nella caserma di polizia, con obbligo di firma per i prossimi sei mesi.
Nel novembre 2020 le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nelle loro case e confiscato numerosi oggetti personali, fra i quali computer, telefoni cellulare e libri religiosi. Al termine del processo gli inquirenti hanno restituito gli effetti personali, ma i volumi sacri (cristiani) sono rimasti sotto sequestro giudiziario.
I cristiani in Iran rischiano fino a 10 anni di carcere
Come riferisce AsiaNews, secondo la legge iraniana, l’evangelizzazione, l’opera missionaria e la conversione al cristianesimo possono essere un crimine passibile di carcere fino a 10 anni. La distribuzione di letteratura cristiana in persiano è illegale. In via ufficiale non esiste il reato di apostasia nel codice penale (abolito nel 1994) e l’ultima esecuzione per questo reato risale al 1990. Tuttavia, i giudici possono ancora condannare un imputato per aver abbandonato l’islam basando il proprio giudizio su una fatwa.
Ai cristiani convertiti è vietato anche incontrarsi on line
La polizia iraniana chiede ai cristiani di firmare impegni per astenersi dal radunarsi nelle chiese domestiche. Ma ora le misure sono state inasprite. Adesso i funzionari dell’intelligence chiedono di firmare un impegno a non avere ulteriori impegni sociali insieme, neanche online.
Non è illegale per i cristiani incontrarsi in Iran – di persona o online – ma tutte le riunioni religiose richiedono tecnicamente dei permessi, anche se questi non sono mai stati concessi ai cristiani convertiti. La Repubblica Islamica infatti non li riconosce come cristiani. Li considera invece membri di una setta “sionista”.