Torino, umilia la figlia anoressica: «Sei un mostro, fai schifo». Il giudice lo condanna a 30 mesi
Un padre mortifica e umilia la figlia anoressica. Il giudice lo condanna. È una storia fatta di abusi quella che, come si legge sul Messaggero, è accaduta a Torino e che tocca il delicatissimo e preoccupante tema dell’anoressia. Tutte le volte che la figlia si avvicinava al padre lui la respingeva. «Sei un mostro, fai impressione», le avrebbe detto. Tutto sarebbe iniziato, come riporta il quotidiano, nel 2008, quando la ragazza a 16 anni si era ammalata di anoressia. «Sei pazza», «Sei un mostro», «Guardati, fai impressione», avrebbe continuato a dirle.
Umilia la figlia anoressica: condannato
Per il Tribunale di Torino, scrive il Messaggero, i suoi atteggiamenti rientrano in una fattispecie di reato ben preciso: maltrattamenti in famiglia. L’uomo, di 65 anni, è stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione. Non solo ha infierito contro la figlia anoressica, ma anche contro la moglie: vittima di abusi psicologici e fisici. È stata la moglie, nel 2019, a denunciarlo ai carabinieri. Una decisione condivisa dalla figlia maggiore di 29 anni.
Torino, la denuncia e la condanna
Come si legge ancora nel Messaggero, la svolta sarebbe arrivata lo scorso 30 giugno. Quando l’uomo si sarebbe infatti presentato nella casa coniugale con una pistola. Prima l’avrebbe puntata contro la moglie, poi avrebbe minacciato di uccidersi. Alla fine se n’è andato, ma prima ha chiuso la figlia maggiore nell’appartamento. È stato dopo quest’ ultimo episodio, che madre e figlia hanno chiamato i carabinieri. L’uomo, ricostruisce il Messaggero, è stato arrestato per porto abusivo di arma. A quel punto gli investigatori hanno scoperto che già mesi prima la moglie lo aveva denunciato, dopo essere finita in ospedale.
Le umiliazioni
In aula, scrive ancora il Messaggero, la moglie e le figlie hanno descritto nei dettagli dieci anni di umiliazioni. «Temevo di perdere l’affetto di mio padre se fossi cresciuta, se non fossi più stata la sua piccolina», ha raccontato la parte lesa che oggi è una donna e nel 2010, quando la vicenda venne alla luce, appena una ragazzina agli investigatori che hanno condotto le indagini.