Ddl Zan, sinistra in pezzi. Renzi accusa Letta: «È il suo “no” ideologico a bloccare la legge»

21 Lug 2021 13:51 - di Giacomo Fabi
Renzi

Di ora in ora si fa sempre più netta che sul ddl Zan il Pd sia prossimo a finire come i pifferi di montagna: partiti per suonare, vennero suonati. Dovesse realmente accadere, i suoi militanti, iscritti ed elettori saprebbero chi ringraziare (si fa per dire): Enrico Letta, il loro segretario. E che quella sia la strada imboccata lo dimostra lo zelo con cui Matteo Renzi lo va additando come il vero responsabile dell’affossamento della legge sulla omotransobia. L’ultima proprio in queste ore dopo aver firmato i referendum radical-leghisti sulla giustizia.

Renzi ha firmato i referendum sulla giustizia

«Sul ddl Zan – ricorda infatti Renzi – la Lega ha dato la disponibilità a chiudere, tutta da verificare, sia chiaro, se si cambiano gli articoli su identità di genere, libertà di opinione e scuola. Dire di no a questa proposta – aggiunge – è ideologia che mette in difficoltà gli omosessuali, i transessuali e i disabili. Io un accordo così lo chiuderei domani mattina». Del resto, Renzi è lo stesso che da premier si accordò con il Ncd di Angelino Alfano e con Ala di Denis Verdini per portare a casa la legge sulle unioni gay. Oggi, invece il ddl Zan è  «a un passo dal traguardo», ma non riesce a tagliarlo. «In questo momento – accusa – chi non vuole la legge è il Pd, che sta rinviando una decisione che è possibile con la riformulazione del testo».

“Sì” di Iv all’emendamento sull’identità di genere

Un’opportuna sottolineatura, alla luce dell’emendamento presentato da Italia Viva insieme al gruppo delle Autonomie per cancellare dall‘articolo 1 il criterio dell’identità di genere. «Andiamo così incontro alle richieste delle femministe di sinistra di Arcilesbica e di Se non ora quando e non solo del mondo del centrodestra e dei cattolici». L’occasione del ddl Zan è per Renzi l’occasione buona per sfilarsi qualche sassolino dalle scarpe. S’incarica proprio lui, che il Senato voleva abolirlo, di ricordare «sommessamente» che  «in Italia vige ancora il bicameralismo paritario». Una piccola rivincita sul suo ex-partito che non lo seguì come si aspettava nel referendum confermativo della sua riforma costituzionale.

 

 

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