Bonaccini sferza il Pd: «I suoi dirigenti non vanno in un bar da anni». Sui 5S: «Intesa non scontata»
Se ogni giorno ha la sua pena e ogni rosa ha la sua spina, Enrico Letta ha quotidianamente l’intervista che gli manda di traverso il caffellatte. L’altro ieri quella di Renzi al Giornale, che di fatto silurava (e affondava?) il ddl Zan, oggi quella di Stefano Bonaccini al Corriere della Sera, che piazza un macigno sulla via dell’intesa con i 5Stelle. L’altolà intimato dal governatore dell’Emilia Romagna, uomo forte della nomenclatura del Pd, rifugge da toni perentori e ultimativi. Ma non per questo è privo di pregnanza politica, anzi. Tanto più che Bonaccini è lo stesso che ha impedito a Salvini di conquistare la “sua” regione quando l’avanzata della Lega sembrava irresistibile.
Bonaccini intervistato dal Corriere della Sera
«Non perché siamo rossi – spiega oggi – ma perché abbiamo un modello di relazioni sociali che secondo me merita attenzione». Un modo elegante per rivendicare quel successo a se stesso più che al buon nome della “ditta“, per dirla con Bersani. Il rapporto con il territorio è il motivo per cui lo stesso Bonaccini aveva suggerito a Letta di dare più spazio agli amministratori locali. «Sento troppo spesso qualche dirigente nazionale dire cose come se non frequentasse da anni una fabbrica, una scuola, un bar o un mercato», rivela il governatore. Una sferzata ad una classe dirigente sempre più sconnessa dalla realtà. Prova ne sia la foga con cui pretende di approvare il testo Zan sull’omotransfobia mentre l’Italia ancora annaspa tra i postumi della pandemia.
Il governatore dell’ER preparata il dopo-Letta
Ma è sul tema del “campo largo” a sinistra che le parole di Bonaccini sembrano destinate a scatenare polemiche nel Pd. È il M5S l’«alleato naturale»? Tra chi lo dice senza pensarlo e chi lo pensa senza dirlo, il governatore si iscrive invece al partito di quelli che non lo danno affatto per scontato. E avverte: «Se il M5S confermerà una impostazione europeista, riformista e progressista, sarà giusto considerarlo un alleato naturale del Pd». Quel «se» è per lui decisivo. Un modo per dire no a chi «vede un’alleanza come già decisa a tavolino, come una fusione a freddo». Ogni riferimento a Letta è puramente voluto.