Miami, il bilancio del disastro della Champlain Towers sale a 12 morti, ma restano ancora 149 dispersi
Sale, purtroppo, a 12 morti il bilancio delle vittime accertate a causa del crollo del palazzo di 12 piani nel complesso residenziale delle Champlain Towers, nella zona di Surfside, nella contea di Miami-Dade. E restano, comunque, disperse 149 persone.
Un eufemismo pietoso perché è praticamente impossibile che vengano ritrovare vive, oramai, sepolte sotto tonnellate di cemento e ferro dell’edificio collassato all’1 e 30 di notte del 24 giugno quando un’intera ala dell’edificio residenziale di Miami a forma di elle – uno dei tanti che si affacciano sull’Oceano con le fondamenta piantate nella sabbia – è sprofondata implodendo su sè stessa.
Il bilancio è stato confermato nelle ultime ore dal sindaco della contea di Miami-Dade, Daniella Levine Cava. E ieri è stata annunciata, forse già per giovedì, a una settimana dal crollo, una visita a Surfiside del presidente Joe Biden e della first lady Jill Biden.
Intanto si sta cercando di identificare la causa o, più probabilmente, le cause all’origine della tragedia di Miami.
I giornalisti statunitensi stanno portando ogni giorno alla luce una corposa documentazione che evidenzia come il disastro di Miami si sarebbe potuto evitare se solo si fossero valutate con un approccio critico e non inquinato da questioni prettamente economiche le reali condizioni del palazzo costruito a nord di North Beach Oceanside Park e gli allarmi che, via via, venivano lanciati.
Per prima cosa va detto che il palazzo di Miami venuto giù è il primo edificio costruito nel 1981 dopo una lunga moratoria posta negli anni ‘70 delle autorità della Contea di Miami-Dade dovuta al fatto che ci si era accorti che le costruzioni in prossimità dell’Oceano tendevano, ovviamente, ad affondare progressivamente.
Le giuste perplessità furono superate come accade spesso negli Usa dove comanda il soldo: gli sviluppatori del progetto, che faceva molto gola proprio perché da più di dieci anni non venivano costruiti nuovi edifici, pagarono nel 1979 alla città 200.000 dollari dell’epoca – l’equivalente di quasi un milione di dollari oggi – per finanziare la sostituzione del sistema fognario e ottenere, così, l’approvazione per la costruzione dei nuovi condomini.
Quello fu forse il primo di tanti altri passi falsi che minarono quell’edificio fin da subito.
Sta di fatto che il sistema di monitoraggio appoggiato ad una rete di satelliti che tiene sotto controllo tutti gli edifici fronte Oceano a Miami iniziò a restituire, ad un certo punto, un dato allarmante tenuto, evidentemente, in scarsa considerazione: rispetto ai valori di tutte le costruzioni monitorate che affondavano di circa un millimetro l’anno, quel palazzo affondava di due millimetri l’anno.
In teoria se questo avviene su tutta la struttura non rappresenta un grande problema ma se, come nel caso delle Champlain Towers questo processo progressivo avviene più velocemente da una parte piuttosto che dall’altra ecco che è molto probabile che l’edificio collassi. Come è accaduto al complesso di Surfside. Che era, peraltro, in una fase di analisi per ottenere la re-certificazione quarantennale.
Peraltro in questo periodo erano in corso lavori di riparazione del tetto.
Ma il vero problema che, fino a questo momento, gli esperti hanno identificato era collocato nel piano piscina. Ed è lì che, infatti, pochi istanti prima del crollo, una inquilina, poi dispersa nel disastro, aveva notato improvvisamente l’apertura di una grossa crepa ed aveva avvertito il marito.
A conferma di questo c’è uno studio ingegneristico del 2018 nel quale la Morabito Consultant metteva in evidenza come l’impermeabilizzazione della piscina non era stata fatta correttamente – non era adeguatamente inclinata – per cui l’acqua ristagnava in un punto ammalorando alla lunga, il calcestruzzo. E consigliava di intervenire proprio sulla parte strutturale per riparare quello che veniva ritenuto un grave danno. Ma i laborò non sono mai iniziati.
A corollario vi sono le foto inviate, subito dopo la tragedia, al Miami Herald da un anonimo appaltatore, una documentazione che mostra inequivocabilmente come appariva, 36 ore prima del crollo, il soffitto della sala attrezzi, situata sotto la piscina, nel garage: vistose crepe nel cemento, tondini dell’armatura del calcestruzzo corrosi dall’acqua stagnante.