Ddl Zan, ecco cosa succede dove esistono leggi simili: 118 pagine di report tra orrori e grottesco

10 Giu 2021 10:39 - di Sveva Ferri
ddl zan

In Italia l’allarme è stato ampiamente lanciato. Un fronte ampissimo che comprende giuristi, associazioni, intellettuali, politici di centrodestra e anche di sinistra hanno avvertito sui rischi connessi al ddl Zan, in termini di compressione dei diritti. Non c’è solo la capacità di leggere tra le righe di quel provvedimento che, dietro il paravento della lotta alla discriminazione, nasconde i presupposti per crearne di nuove, di discriminazioni. C’è anche l’esempio che arriva dai Paesi in cui leggi di contrasto all’omofobia, in tutto e per tutto simili alla Zan, sono già state adottate. I casi sono «centinaia» e ProVita e Famiglia Onlus li ha raccolti in un report che più che riflettere, fa rabbrividire.

Rauti: «Una minaccia alla libertà di pensiero»

«L’opinione pubblica non conosce le criticità dello Zan. Non è emersa con sufficiente chiarezza la portata minacciosa sulla libertà di pensiero. C’è un nuovo reato con un perimetro labile che lascia discrezionalità ampissima al giudicante. Non possiamo saperlo, ma quello che oggi stiamo dicendo forse domani sarà sanzionabile. Io comunque continuerò eventualmente a sostenere queste idee anche dopo», ha detto la senatrice di FdI Isabella Rauti, che ha partecipato alla presentazione del rapporto di ProVita e Famiglia, insieme ai colleghi Simone Pillon della Lega e Lucio Malan di Forza Italia. È al Senato, infatti, che il ddl Zan è attualmente in discussione.

Le conseguenze del ddl Zan: 118 pagine di esempi

«Le leggi anti omotransfobia mettono in pericolo una serie di libertà fondamentali, quali la libertà di espressione del pensiero, di religione, di associazione e la libertà d’iniziativa economica privata», ha avvertito il vicepresidente di ProVita e Famiglia, Jacopo Coghe, presentando il report, un documento interattivo di 118 pagine in cui sono messi in fila, con tanto di link, «casi di violenza, abusi e altre violazioni dei diritti delle donne dovuti all’imposizione del transgenderismo». O ancora casi di «persone denunciate, censurate o attaccate per la loro contrarietà alla partecipazione di maschi trans alle competizioni sportive agonistiche femminili o all’ingresso di maschi biologici nei bagni o negli spogliatoi delle donne».

A scuola di gender

Fra i casi concreti di cosa avviene quando gli Stati adottano leggi sul modello del ddl Zan c’è quello delle scuole. Uno degli esempi più sensibili delle conseguenze dell’imposizione per legge del gender. A Melbourne sono stati banditi i termini «mamma» e «papà»; in una scuola di Londra l’introduzione dei bagni unisex ha portato alcune ragazze ad assentarsi durante il ciclo mestruale per non condividere i servizi igienici con i maschi; un po’ ovunque poi bisogna fare i conti con progetti che, ha sottolineato Maria Rachele Ruiu del direttivo di ProVita, «decostruiscono il maschile e il femminile a beneficio della identità fluida» e che «lodano l’utero in affitto».

Una realtà per la quale si sta preparando il terreno anche in Italia, come dimostra il caso delle linee guida, divulgate e poi ritirate nel Lazio. «Se io non volessi questo indottrinamento per i miei figli, sarei una omofoba?», ha quindi chiesto Ruiu, mentre Malan ha sottolineato che con le previsioni del ddl Zan «non solo non si potrà chiedere l’esenzione, come invece accade per l’ora di religione o, in particolari casi, per quella di educazione civica, ma chi lo facesse rischierebbe anche di incorrere a sua volta nell’accusa di discriminazione».

I casi nelle carceri e nello sport

Oltre alla scuola, altri settori in cui le distorsioni dei vari ddl Zan in giro per il mondo appaiono evidenti sono carceri e sport. Anche su questo ProVita ha portato esempi puntuali. «Karen White, maschio di 52 anni che si identifica come donna – ha spiegato Coghe – incarcerato in una struttura per donne ha abusato sessualmente di due detenute donne. Ed è da sottolineare il caso di Boyd Burton, divenuto Fallon Fox “campionessa” di arti marziali, trans, che finora ha combattuto come donna e ha dichiarato in un recente tweet indirizzato anche alla Rowling, la scrittrice di Harry Potter, di aver fratturato con gioia il cranio di una sua avversaria, con una frase come “adoro pestare le TERF*” (Trans-Exclusionary Radical Feminist)».

Il rischio del grottesco

Si tratta solo di esempi tra, si diceva, le centinaia di esempi riscontrati da ProVita e Famiglia e facilmente reperibili sulle cronache internazionali, fra i quali turbano particolarmente le coscienze casi come quello dell’ostetrica britannica Lynsey McCarthy Calvert, costretta a dimettersi per aver scritto su Facebook che solo le donne partoriscono, o delle molte insegnanti finite “sotto inchiesta” per aver fatto affermazioni simili. Ma, in questa articolata galleria degli orrori, non mancano anche casi grotteschi, come quello di quel gruppo di candidati uomini che, in Messico, si sono dichiarati donne trans per aggirare il blocco delle quote per le pari opportunità.

La petizione di ProVita per fermare il ddl Zan

«Qui non ci sono vuoti legislativi da colmare. È solo furore ideologico», ha sottolineato ancora Rauti, mentre la petizione lanciata da ProVita per bloccare il ddl Zan e presentata insieme al rapporto ha raccolto in poche settimane oltre 240mila firme. «Restiamo liberi», è il titolo della petizione, che chiede di bloccare «la legge bavaglio anti-omotransfobia».

 

 

 

 

 

 

 

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