Conservatori e veri ambientalisti: nel libro della Meloni, Roger Scruton “batte” Greta Thunberg

7 Giu 2021 18:47 - di Lando Chiarini
Scruton

La destra italiana e Roger Scruton, l’espressione più lirica e per molti versi persino dolente di quell’autentico scrigno di storia, valori, culture e prassi politiche che è il pensiero conservatore. «Neanche ricordo più quante volte l’ho citato», scrive Giorgia Meloni nella sua recente autobiografia a sottolineatura dell’interesse per l’illustre pensatore tory, scomparso nel gennaio dello scorso anno a 75 anni. Un faro spentosi proprio all’insorgere della pandemia privandoci così della giusta luce con cui illuminare l’assetto di un dopo destinato a demolire le granitiche certezze di progresso promesse dalla globalizzazione. Almeno così sembra. Persino ora che il peggio è alle spalle nostre.

Scruton faro del pensiero tory

Già, sarebbe quanto mai interessante conoscere il pensiero di Scruton sullo scontro che sembra riaccendersi nella Ue tra i guardiani dell’austerity e chi spinge per dotarla di una visione politica con al centro i popoli e non solo le politiche di bilancio. O, ancora, sull’esistenza di un nesso di causalità tra la Brexit e l’ottima performance del governo di Boris Johnson, primo in Europa a rivedere la luce dopo le tenebre imposte dal Covid. Certo, la dura scorza di realismo e scetticismo rende i conservatori naturalmente refrattari ai facili entusiasmi tipici degli spacciatori di utopie, per cui è altamente probabile che Scruton si sarebbe astenuto dal tranciare giudizi validi da qui all’eternità.

Il sostegno alla «Lady di ferro»

È vero, invece, che anche l’Italia registra una rinnovata curiosità verso il pensiero conservatore. Si indaga, in particolare sul suo rapporto con il thatcherismo e la conclusione è tutt’altro che scontata. Sembra, infatti, che il secondo contraddica il primo più di quanto non lo integri. E questo perché l’esperienza di governo legata al nome della Iron Lady aveva dalla sua una mistica del mercato e dell’individuo, di cui furono illustri vittime i concetti di comunità e di coesione sociale. La necessità di arginare il declino seguito al pur vittorioso secondo conflitto mondiale, aveva spinto Margareth Thatcher a rompere l’equilibrio sociale costruito da laburisti e conservatori con l’obiettivo di traghettare l’ex-impero verso una maggiore integrazione con l’Europa.

La leader di FdI e l’Ecr

Ma proprio in questa travagliata transizione la Thatcher, di cui Scruton fu entusiasta sostenitore, individua la causa prima del declino della sua Isola. Da qui la decisione di ridurre drasticamente la presenza dello Stato nell’economia e di sfidare sul welfare la potente macchina sindacale. Una rivoluzione anche rispetto al partito tory, da sempre fautore di un’economia sociale di mercato basato su un individualismo temperato dal riconoscimento dell’importanza dei corpi intermedi. Così inteso, più che una variabile, il thatcherismo è addirittura un’eresia del conservatorismo. Conferma, in ogni caso, che nessuna cultura politica è etichettabile una volta per sempre.

La destra e il declino italiano

Lo sa bene Giorgia Meloni, da poco meno di un anno alla guida l’Ecr, la sigla che raccoglie i partiti conservatori europei. Una carica tutt’altro che onorifica alla luce della guerra di posizionamento in corso tra i gruppi alla destra del Ppe. Tanto più che i sondaggi segnalano come tutt’altro che remota la possibilità che la leader di FdI possa diventare la prima donna premier in Italia. Nessun confronto, ci mancherebbe. Ma è innegabile che nell’Italia di oggi, esattamente come nella Gran Bretagna di ieri, la scommessa consista nell’«aggredire il declino». Virgolette d’obbligo, visto che proprio così s’intitola l’ultimo paragrafo politico del libro della Meloni. Non ancora un obiettivo di governo. Ma di certo un impegno politico-culturale per restituire prospettiva al conservatorismo di fronte alle  sfide della modernità.

Patriottismo ecologista

La prima – come lo dimostra la dolorosa vicenda dell’Ilva di Taranto – è legata alla necessità di superare la feroce opzione ancora oggi esistente tra lavoro, salute e ambiente. In Io sono Giorgiaancora una volta citando Scruton, anche la leader di FdI sottolinea la necessità di «aggredire il declino» da una visuale certamente «produttivista». Ma in cui rifulge, altrettanto intensa, una forte vocazione ecologista. Cura dell’ambiente e visione di uno sviluppo sostenibile della produzione – è la tesi esposta nel libro – rappresentano sensibilità, prima ancora che tematiche, connaturate ad una weltanschauung conservatrice. Nulla di più vero.

Scruton: «La civiltà è più facile perderla che trovarla»

Così come è vero che la ricerca di equilibrio tra cultura e natura è un caposaldo della cultura di destra. La sola idea di patria, intesa non solo come luogo in cui nasce ma soprattutto come terra di chi verrà, vale più di mille skolstrejk för klimatet di Greta Thunberg. Perché tale sensibilità non si fonda su mode del momento né su emergenze dettate da dati e statistiche, ma su un assetto interiore che trova nella terra, in particolare nella sua accezione di radicamento e di identità, un valore non negoziabile. Ne troviamo traccia anche in Scruton quando scrive che «la civiltà è più facile perderla che trovarla ed è facile perderla se non ci si dà la pena di conservarla». Significa, nella sua essenza, che il pensiero conservatore è l’ultimo appiglio di un’Europa affacciata sul baratro. 

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