Terrorismo rosso, la Consulta: «Non si può pretendere il diritto alla fuga. Pena da scontare»

13 Mag 2021 15:55 - di Redazione
Terrorismo

Era prevedibile che l’acuto mediaticamente più succulento del presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio riguardasse il terrorismo. I recenti arresti in Francia di storici latitanti delle Brigate Rosse hanno risvegliato la memoria e rinfocolato tensioni. Lo stesso Mattarella ne ha fatto oggetto di una lunga conversazione con Repubblica, nel corso della quale ha ribadito la necessità di ricostruire con esattezza quei fatti e accertarne le responsabilità. Al palazzo della Consulta, ad ascoltare la relazione sugli indirizzi della giurisprudenza della Corte costituzionale nel 2020, c’era anche il Presidente. Accanto a lui anche i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Alberti Casellati.

Così il presidente Giancarlo Coraggio

Inevitabile, dunque, che il presidente Coraggio accennasse al terrorismo. Meglio, ai risvolti giuridici legati  all’esecuzione della pena per chi si è reso latitante dopo condanne decise dai tribunali italiani. Altrove non ci sarebbe stato il minimo dubbio circa la potestà dello Stato di punire chi ha pesantemente violato le sue leggi. Da noi è diverso. Anche per le larvate ingerenze esercitate in merito dalla Francia, interrotte (almeno si spera) solo ora da Macron. Oltralpe, infatti, i terroristi italiani sono stati coccolati dall’intellighenzia di sinistra e protetti dalla cosiddetta dottrina Mitterrand.

«Il terrorismo non ha giustificazioni»

Entrambe si basavano sul convincimento che il processo in Italia non fosse sufficientemente ispirato ai principi di equità, trasparenza e garantismo. Da qui una sorta di diritto a sottrarsi alle sue decisioni, anche se condannato per terrorismo. Una tesi a dir poco strampalata. E Coraggio non ha mancato di rimarcarlo. «Non si può istituzionalizzare il diritto alla fuga e di sottrarsi alla pena irrogata in un processo giusto e corretto condotto da giudici indipendenti», ha scandito il presidente della Consulta. «Questi signori – ha aggiunto – devono essere soggetti ai principi della nostra Costitituzione che non è ispirata alla vendetta, ma alla rieducazione. Credo – ha concluso – che i procedimenti e i giudici che abbiamo in Italia hanno sufficiente spirito di senso della Costituzione da permettere un trattamento corretto di costoro».

 

 

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