Palù azzera i dubbi su Pfizer e Moderna: la 2ª dose si può ritardare fino a 90 giorni. E spiega perché

18 Mag 2021 18:50 - di Lorenza Mariani
Palù seconda dose vaccini mRna

Palù sgombera il campo da dubbi e polemiche: Pfizer e Moderna? «La seconda dose del vaccino a mRna si può ritardare fino 90 giorni». Oltretutto rassicurando sul fatto che: già dopo la prima somministrazione siamo protetti. E allora, la campagna vaccinale procede a ritmo serrato. Di più: per stessa ammissione del presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Giorgio Palù, «sta andando molto bene. Siamo arrivati a quasi 30 milioni di dosi somministrate – ha detto l’esperto in audizione in Commissione Sanità del Senato – con una media intorno o superiore alle 400.000 dosi al giorno». Dunque, nessuna preoccupazione o polemica ha ragion d’essere: a partire dalle recriminazioni sui ritardi delle somministrazioni delle seconda dosi vaccinali che tanto scalpore hanno suscitato nell’opinione pubblica. Alimentando una querelle tuttora in corso tra la Pfizer e il generale Figliuolo che, in accordo con il Cts, ha disposto il rinvio.

Palù, Pfizer e Moderna: la 2ª dose si può ritardare fino a 90 giorni

E il perché lo spiega chiaramente Palù, sempre nel corso dell’audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato, soffermandosi in particolare sulle modalità di somministrazione dei vaccini anti-Covid a mRna. Per i vaccini, ha sottolineato infatti il numero uno di Aifa, «è molto importante la risposta cellulo-mediata, per la quale non abbiamo ancora nella routine pratica una misurazione. E questo è così vero che su Nature la settimana scorsa è uscito un lavoro che dimostra che potremmo ritardare anche di 90 giorni la seconda dose con un vaccino anti-Covid a mRna, perché la risposta che si ha nel richiamo, il cosiddetto boost, è ancora più forte. Questo è un dato che ulteriormente ci rassicura». 

Palù su Pfizer, Moderna, seconda dose e “green pass”

E allora, sei mesi per la scadenza del green pass e quindi per la necessità di un richiamo del vaccino anti-Covid? In realtà questo lasso di tempo potrebbe essere più lungo, secondo il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, Giorgio Palù. Un richiamo – una terza dose di vaccino anti-Covid – a 6 mesi è «quello che ci aspettiamo dalle discussioni che avvengono in Europa», ha rimarcato l’esperto. proseguendo col dire: «Perché anche con la cosiddetta green card si avrebbe al momento una scadenza di 6 mesi. Che significa che il mio vaccino avrebbe un’efficacia di 6 mesi. Ma cosa ci dicono gli studi? Noi oggi sappiamo che gli anticorpi durano almeno 8 mesi, tranquillamente», spiega Palù.

Ma occorrerà fissare una “deadline” a livello europeo

E la risposta su green card e modalità di somministrazione dei vaccini anti-Covid a mRna, dunque, è implicita. Anche se poi, a stretto giro Palù aggiunge anche: «È chiaro che il titolo, cioè la quantità di anticorpi in grado di neutralizzare il virus, va calando progressivamente. Ma in molte infezioni naturali – precisa il presidente Aifa – siamo ancora protetti per via dell’immunità cellulo-mediata. Quindi potrebbe essere anche più di 6 mesi. Ma ci dovremo raccordare a livello europeo e stabilirla, questa “deadline”, quando avremo ulteriori dati».

«Grande attenzione al chiuso: non è ancora finita»

Vaccini a parte, comunque, Palù non si esime di lanciare un ennesimo appello alla cautela. tanto che, sempre nel corso dell’audizione al Senato, l’esperto ammonisce: «Sarà necessario continuare a sorvegliare con grande attenzione le attività che più espongono al rischio». E avverte che «non è finita. Anche se sì, «abbiamo cominciato a sconfiggere questo coronavirus». Non solo. In un’intervista a Il Fatto Quotidiano, si spinge oltre e invita alla cautela. Soprattutto nei luoghi chiusi. E così, pur asserendo che le riaperture annunciate dal Governo non sono premature «se si procede con prudenza. Gradualità e continuando la sorveglianza», aggiunge anche: «Penso a tamponi e controlli, non estensivi, certo, ma random. Quindi garantire salute e sopravvivenza economica, tenendo in considerazione le attività che più espongono al rischio».

«I vaccini proteggono già dopo una dose», il clima estivo poi…

In primis «i grandi assembramenti al chiuso. Penso a eventi di spettacolo. Alle discoteche. Alla ristorazione. Si potrà riaprire anche nei locali al chiuso – precisa Palù – ma stabilendo un numero massimo di persone. Evitando il ricircolo dell’aria. E praticando un controllo attraverso le green card: clienti già guariti dal Covid, vaccinati o con tampone negativo nelle 48 ore precedenti. La velocità con cui procede la copertura vaccinale, con la popolazione vaccinata ormai al 30% con la prima dose, ci fa ben sperare», rassicura comunque il presidente Aifa. Del resto, conclude l’esperto, «i vaccini proteggono già dopo una dose. L’impatto della vaccinazione comincia ad essere importante anche dopo una dose singola. Una serie di studi stabiliscono che l’evento malattia grave viene scongiurato. E ora, alla nostra latitudine, da maggio a settembre abbiamo una radiazione ultravioletta se non perpendicolare, quasi».

«L’evento più probabile è che Sars-CoV-2 diventi endogeno, adattandosi alla nostra specie»

Ossia, spiega l’esperto: «Significa che mancano le caratteristiche indispensabili a un virus respiratorio per diffondersi: umidità, temperatura bassa, scarsa circolazione dell’aria. Un anno fa successe la stessa cosa». Quindi a ottobre ci ritroveremo come lo scorso autunno? «Non siamo in grado di predire come evolverà questa pandemia – spiega il virologo – perché Sars-CoV-2 è un coronavirus nuovo». Ma tutto sembra aprire all’ottimismo. Tanto che, lo stesso Palù, guardando al futuro, conclude: «L’evento più probabile è che Sars-CoV-2 diventi endogeno, adattandosi alla nostra specie. Ricordiamo che la letalità di questo coronavirus è dello 0,2-0,4%, ben inferiore a quella di altri virus quali Ebola, Nipah, Hendra, Mers. «È dunque possibile che Sars-CoV-2, come il virus dell’influenza, tenderà a convivere con l’uomo. Dovremo prevenire l’insorgere di nuove pandemie causate da virus che possono fare il salto di specie, studiando la virosfera all’interfaccia uomo-animale-ambiente. Nuovi patogeni si manifesteranno – avverte Palù – finché continueremo a violare la natura e intere nicchie biologiche dove vivono animali selvaggi e virus finora sconosciuti».

 

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