Mottarone, trovato un secondo forchettone. Riflettori puntati sulla funivia di Rapallo diretta da uno dei fermati

26 Mag 2021 19:25 - di Paolo Lami
MOTTARONE, I RESTI DELLA CABINA SFRACELLATA AL SUOLO

Un secondo “forchettone”, il dispositivo che era installato nella funivia del Mottarone e che serviva ad evitare che entrassero in funzione i freni di emergenza in caso di malfunzionamento dell’impianto – come poi effettivamente accaduto – è stato trovato questa mattina nella zona dell’incidente dove domenica sono morte 14 persone di cui due bimbi per la rottura del cavo trainante della cabina in salita.

Questo secondo forchettone era inizialmente sfuggito ai controlli dei soccorsi giunti sul posto dove, contro un albero, si era fermata la corsa della cabina della funivia del Mottarone dopo un volo di 54 metri, poiché era semicoperto dal pannello della centralina elettrica e, dunque, non visibile immediatamente.

Ieri, in un fotogramma di un video girato dal Soccorso Alpino era stato notato, per la prima volta, un primo forchettone, che non ci sarebbe dovuto essere, a bloccare uno dei freni di emergenza della cabina che, infatti, a circa cinque metri dall’arrivo alla stazione superiore, ha improvvisamente invertito la marcia, dopo la rottura inaspettata del cavo traente, tornando indietro a folle velocità – è stato calcolato che correva a circa 100 chilometri orari quando ha impattato contro l’ultimo pilone che l’ha sbalzata una cinquantina di metri più in basso.

E lì, su questo particolare, si sono concentrate le indagini appena partite che hanno poi portato, nella notte, ad una svolta: tre persone, Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone che gestisce la funivia, Enrico Perocchio, direttore del servizio e dipendente della Leitner di Vipiteno, colosso mondiale degli impianti a fune, e Gabriele Tadini, capo operativo, sono state fermate dopo aver ammesso, nel corso degli interrogatori protrattisi fino alla mattina, di aver deciso consapevolmente di utilizzare quel forchettone per impedire i continui blocchi che si stavano verificando negli ultimi giorni sull’impianto, malfunzionamenti che il gestore non riusciva a risolvere e che, secondo gli interrogati, causavano diseconomie.

Così, per una mera questione economica – c’era stato il lockdown, hanno spiegato i tre fermati agli investigatori dell’Arma, e, quindi, la società che gestiva l’impianto aveva necessità di tornare a guadagnare – da un mese, dal 26 aprile scorso, l’impianto girava quotidianamente con i forchettoni posizionati sui freni ad impedirne la chiusura in caso di emergenza giacché, per un malfunzionamento di cui non si era riusciti a capire la causa, ogni tanto le cabine si arrestavano.

Dunque la decisione di bypassare il problema bloccando i freni di emergenza. Da quel momento anche se il malfunzionamento continuava a persistere, non avveniva più il conseguente blocco della cabina proprio perché ad impedire la chiusura automatica dei freni d’emergenza c’erano quei “forchettoni“, abitualmente utilizzati durante le fasi di manutenzione, quando è necessario simulare la rottura della fune traente senza che, tuttavia, entrino in funzione i freni.

Un nuovo sopralluogo sul luogo dell’incidente della funivia sul Mottarone, effettuato in mattinata, aveva permesso agli investigatori di trovare la seconda parte del ‘forchettone’ visto ieri sul video. Poi il secondo ritrovamento dell’altro forchettone.

“In questo momento non abbiamo elementi per ritenere i due fatti collegati“, ossia la rottura della fune trainante della funivia e il blocco del sistema frenante di sicurezza, “o reciprocamente collegati – spiega il procuratore di Verbania Olimpia Bossi che indaga sulla tragedia del Mottarone. – Sulla fune non possiamo avanzare ipotesi: siamo sempre in attesa delle verifiche tecniche di cui parlerò con il consulente tecnico che arriverà domani”.
Se il malfunzionamento del sistema di sicurezza è imputabile ai tre fermati, “sul cavo non posso aggiungere nulla perché siamo al punto in cui stavamo ieri”, ha aggiunto il procuratore capo di Verbania.

“Per quello che ci risulta il “forchettone“, che blocca il sistema frenante in caso di emergenza, è stato inserito più volte. Non sono in grado di dire se in maniera costante o solo quando c’erano difetti di funzionamento: sicuramente domenica non era la prima volta, questo lo hanno ammesso – precisa la dottoressa Bossi, ricordando che “l’impianto della funivia è gestito dalla società che ha una pluralità di addetti e manovratori: verificheremo se anche il personale era a conoscenza di questa prassi“.

“La funivia sabato, il giorno precedente il disastro, si è fermata: posso pensare che l’episodio si inquadri in questa vicenda, ma per ora è difficile dirlo lo verificheremo chiedendo a questi tecnici perché sono stati chiamati”, conclude il procuratore Bossi.

Ovvio che, a questo punto, si è iniziato a guardare con preoccupazione anche ad altri impianti sui quali potrebbero aver messo mani alcuni dei fermati.

In particolare è finita sotto i riflettori la funivia Rapallo-Montallegro, che collega la cittadina del levante genovese con il Santuario di Nostra Signora di Montallegro, impianto diretto da Enrico Perocchio che è anche direttore esecutivo della funivia del Mottarone e che, attualmente, si trova in carcere assieme a Nerini e Tadini con l’accusa di omicidio colposo plurimo.

Al momento la funivia Rapallo-Montallegro è ferma ma per alcune manutenzioni programmate da tempo e in via di conclusione.
Sull’impianto, che copre 600 metri di dislivello salendo dalla costa sulle alture del levante, è in corso l’ultimo step di lavori già in programmazione al termine dei quali ci sarà un’ispezione ministeriale prima della riapertura, prevista tra una settimana circa.

“La funivia – ha spiegato il Comune in una nota – è attualmente chiusa per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria da tempo programmati assolutamente non ricollegabile ai tragici eventi di Stresa e alle connesse vicende legali. Si tratta della manutenzione quinquennale dell’impianto, che prevede una serie di revisione e controlli specifici”.

Respira da solo, intanto, aiutato da poco ossigeno Eitan, il bimbo di 5 anni unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone e da domenica ricoverato al Regina Margherita di Torino.
Il piccolo per il quale i sanitari da ieri hanno cominciato a ridurre la sedazione per permettere il risveglio, è estubato anche se non è ancora completamente cosciente. I sanitari proseguono con un risveglio lento, visto che le sue condizioni sono ancora critiche.

Per un momento, stamattina, Eitan ha ripreso conoscenza, ha aperto gli occhi e ha trovato di fronte a se un viso conosciuto, quello della zia“.

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