Con la Zan finiremo come la ministra finlandese: incriminati per opinioni “politicamente scorrette”

20 Mag 2021 11:13 - di Valerio Falerni
Zan

Segnatevi bene questo nome: Paivi Rasanen. È un ex-ministra finlandese che, come ha riferito ieri il Secolo d’Italia, rischia due anni di carcere per aver citato il libro della Genesi laddove è scritto «maschio e femmina Dio li creò». Ricordate: Paivi Rasanen. Perché la sua storia rappresenta a buon titolo il trailer di quel che potrebbe accadere a chiunque anche in Italia una volta approvato il ddl Zan. La politica finlandese è stata infatti incriminata d’ufficio per istigazione all’odio e alla discriminazione sessuale. Significa che nonostante la polizia l’abbia interrogata a più riprese non riscontrando nulla nelle sue parole che somigliasse ad un reato, il procuratore generale l’ha comunque indagata ed un giudice l’ha rinviata a giudizio.

Paivi Rasanen alla sbarra per aver citato la Bibbia

Sembra assurdo, ma è lo scenario sagomato paro paro dall’articolo 4 del ddl Zan. In teoria il più garantista, visto che «fa salvo» (pensa un po’) l’articolo 21 della Costituzione. Nella realtà, disegna la bocca spalancata di un Moloch pronta ad inghiottire chiunque esprima un’opinione si discosti dalla neolingua del politically correct. Chi dice che non è così o non l’ha letto o non l’ha capito. In ogni caso, non può garantire niente. Per il semplice fatto che in nome dell’obbligatorietà dell’azione penale un qualunque pm potrà iscrivere nel registro degli indagati chiunque risulti, a suo giudizio, potenzialmente in grado di istigare alla discriminazione di genere. Morale: chi affermasse “per me una donna trans non è una donna“, rischierebbe l’incriminazione.

Il pericolo dell’articolo 4 del ddl Zan

Certo, poi sarà un collegio a giudicarlo. Ma nel frattempo la sua vita si sarà trasformata in un inferno lastricato di udienze, spese legali, interrogatori, gogna mediatica e via aggiungendo. È questa la deriva liberticida denunciata non solo dal centrodestra, ma anche dai vescovi, da giuristi indipendenti e persino da settori dell’universo gay. Sostenere che il ddl Zan dia diritti a chi non è ha è una colossale menzogna. È vero il contrario: li toglie a chi li ha. Non quello di insultare (ci mancherebbe) e/o discriminare (idemomosessuali e trans, bensì quello di esprimere opinioni non conformi alla dittatura del pensiero unico. La storia di Paivi Rasanen lo conferma. La Finlandia è dietro l’angolo.

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