5Stelle alla sbarra. Nel suo libro Di Battista processa Draghi e attacca i grillini di lotta e di poltrona

13 Mag 2021 17:21 - di Eugenio Battisti

“Non sono io a non pensarla più come lui, è Beppe che non la pensa più come me”. La distanza siderale con il fondatore dei 5Stelle è il filo conduttore del libro di Alessandro Di Battista. Dal titolo barricadero ‘Contro’. Sottotitolo “perché opporsi al governo dell’assembramento”. Il volume dedicato a Gianroberto Casaleggio (“un secondo padre”) edito da PaperFirst è un processo alla poltronisti grillini. E all’ex comico.

Con un tempismo vendicatore il Che Guevara di Roma Nord mette alla sbarra il movimento nel quale è nato e cresciuto politicamente. Che ha smarrito fino a tradire l’identità originaria. Quella dell’anti-casta e del Vaffa. Della terza via. Per piegarsi a una normalizzazione inaccettabile. Che ha il suo culmine con l’ingresso nel governo dell’ammucchiata. Guidato dall’ex numero uno della Bce. (Ex) nemico numero uno.

Il libro di Di Battista, uno tsunami sulla testa di Grillo

Nel suo libro l’ex deputato  grillino ripercorre il travaglio del movimento. Fino al voto sulla piattaforma Rousseau che ha dato il via libera al matrimonio innaturale con l’uomo di Bruxelles. E che ha causato il suo divorzio definitivo dai 5Stelle. “Sono venuto a sapere di una telefonata tra Beppe e Draghi. E di una comunione di intenti tra i due. Poi è stato indetto il voto degli iscritti. E io mi sono battuto alla luce del sole per il No. Sapevo che la vittoria del Sì sarebbe coincisa con la mia fuoriuscita dal Movimento”. E così fu. Inaccettabile per un grillino della prima ora sedere a Palazzo Chigi con tre ministri berlusconiani e la Lega.

“Lasciare il movimento è stato doloroso”

Lasciare il movimento è stato doloroso, ammette Dibba nel libro. Ma anche una scelta naturale presa senza rimpianti. “È stata un’indimenticabile storia d’amore. L’ho amato alla follia. Per anni siamo andati d’accordo. Poi qualcosa si è rotto”. Il potere ha corrotto la genuina ispirazione anti-palazzo. E l’autore di Contro non vede speranza di ravvedimenti. “Sono le scelte di campo: o si sta da una parte o dall’altra”.

“Non volevo poltrone ma garanzie”

Nel libro anche la rilettura degli Stati  Generali nel novembre 2020. Con le sue richieste ignorate dai vertici. “Non avevo chiesto un posto. Ma garanzie”. Dalla conferma del limite al doppio mandato alla collocazione autonoma dei 5Stelle alle politiche. Dalla revoca delle concessioni ai Benetton alla legge sul conflitto di interessi passando per la trasparenza sulle nomine. “In molti hanno sospettato che la mancata pubblicazione del numero delle preferenze ai delegati fosse legata al risultato che avevo ottenuto io. A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina».

Un errore riportare il Pd a Palazzo Chigi

Nel libro passa in rassegna con spietatezza tutti i macroscopici errori del movimento grillino. Che hanno portato al corto circuito nel movimento. Alle carte bollate con Rousseau, al tracollo nei sondaggi. E la delusione per essere stato messo all’angolo con il Conte bis per la sua avversione al Pd.

“A Marina di Bibbona, a casa di Beppe, provai a convincere i miei ex colleghi che governare con quel pd, senza prima aver alzato la posta e senza accordi chiari, sarebbe stato molto pericoloso. Ma ero minoranza”. Di Battista ricorda l’enorme potere contrattuale di quella stagione. Nella quale i dem, pur di tornare al governo, avrebbero accettato tutto. E invece Grillo non riuscì a utilizzare quella forza. E fu la resa. “Si optò per il Conte bis e la storia è andata come è andata”.

I veti dem sul suo nome e la resa del Conte bis

E ancora la sua disponibilità, obtorto collo, a entrare in partita. I veti del Pd sul suo nome e la mancata difesa del partito. Di Battista ricorda la condizione posta dal Nazareno per il suo ingresso a Palazzo Chigi: il ritorno della Boschi. “Dissi a Stefano (Patuanelli) quel che pensavo e che penso tuttora. Se per far entrare me dobbiamo accettare la Boschi, meglio star fuori entrambi.  L’indomani seppi dal presidente del Consiglio la composizione del governo. Come previsto, non ne facevo parte. Ci rimasi male. Pensai che se davvero il movimento mi avesse voluto, ogni veto da parte del pd sarebbe stato superato”.

Renzi un ricattatore di professione

Altro errore: consentire a Italia Viva di tornare al governo con Draghi. Renzi è descritto come un “ricattatore”. Che,  sfruttando la pandemia, ha brigato per far fuori un presidente del Consiglio inviso a Confindustria.

L’ultimo capitolo d (“Levate gli ormeggi di Stato”) è dedicato a super Mario. L’uomo della finanza, di Bruxelles, delle privatizzazioni-svendite. L’ex deputato 5Stelle prende le mosse dal Britannia. Il panfilo, partito sa Civitavecchia per l’Argentario, dal quale Draghi, all’epoca direttore generale del Tesoro, sostenne la causa della deregulation. Del libero mercato. Delle privatizzazioni e delle dismissioni statali. Un combinato di orrori per Dibba. Così come definisce “un agglomerato di banalità, diventati comandamenti divini”, il  celebre discorso al meeting di Comunione e Liberazione.

Draghi, le banche e la Goldman Sachs

“Quando eravamo noi a scagliarci contro il Patto di stabilità eravamo populisti. Ora che le critiche le muove Draghi, diventano patriottismo”. C’è un livello di conformismo nel Paese – denuncia incredulo – che non c’era neanche con  Berlusconi. E invece sarebbe bene ricordare “gli anni delle privatizzazioni. suo legame con Goldman Sachs, il via libera che diede all’acquisizione di Antonveneta da parte di Monte dei Paschi. La lettera che firmò insieme a Trichet e che commissariò, di fatto, la politica italiana. È un dovere conoscere il passato per proteggerci dal presente”. Insomma il ‘salvatore della patria’ resta il nemico. Primo responsabile della stagione del “mercato delle vacche”. “Sarebbe interessante – provoca – conoscere nel dettaglio anche i compensi ottenuti da Draghi ai tempi di Goldman Sachs”. Consulente nelle sciagurate operazioni di vendita degli asset pubblici. 

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