Scoppia il feeling tra Meloni e Tinagli. Avversarie ma con stima contro le zavorre ideologiche
Su fronti opposti, ma con stima. Scoppia il feeling tra Giorgia Meloni e Irene Tinagli, la vicesegretaria di Enrico Letta. «Irene Tinagli mi piace molto – dice la leader di FdI – le auguro di diventare segretaria del Pd». Pronta la replica della dem, col sorriso: «Giorgia il partito se l’è fatto da sola, quindi non posso criticarla per questo». Poi la vicesegretaria del Pd ha proposto a Meloni: «Ne parleremo a cena, dai». La notizia c’è tutta. Perché sono due donne in politica che non si trattano da nemiche, pronte a discutere tra loro da posizioni diverse ma senza “bava alla bocca”.
Lo scambio di battute tra Meloni e Tinagli
Se si vedranno a cena non si sa ma di certo lo scambio di battute pone le premesse per un dialogo senza demonizzazioni che dovrebbe essere la regola nei rapporti tra destra e sinistra in un Paese normale, pacificato, proiettato verso il futuro. Il contrario di ciò che è accaduto fino ad oggi con i tentativi di dipingere Meloni e il suo partito come un pericoloso ricettacolo di nostalgici del fascismo, come una destra “impresentabile”, come un agglomerato di pericolosi populisti.
Galli della Loggia: basta con la demonizzazione di FdI e Giorgia Meloni
E chissà se ha aiutato in questa direzione il fondo di Galli della Loggia che suggeriva sul Corriere di abbandonare l’accusa di fascismo nei confronti degli avversari di destra. Fratelli d’Italia secondo lo storico non si poteva più considerare un partito neofascista, “pur se esso viene da territori della storia che portano quel nome. Al massimo la sua lontana origine si manifesta oggi in una postura difensiva contro le smargiassate dell’antifascismo di professione. Quanto invece al suo rispetto delle regole della democrazia fissate dalla Costituzione, mi sembra che non possano esserci dubbi”. Un’apertura di credito che aveva fatto inorridire maestrini e maestrine dell’antifascismo più sciatto e anacronistico.
Politica al femminile: più dialogo, meno insulti
Invece lo scambio di battute Meloni-Tinagli fa ben sperare. Chissà che non sia vero, in fondo, ciò che si dice della politica al femminile: più concretezza, meno ideologia. Più dialogo, meno insulti. Del resto Tinagli non ha certo il curriculum della politica di professione. Ha studiato alla Bocconi, è un’esponente della società civile già attenzionata da Veltroni. Eletta in parlamento nel 2013 nella lista Con Monti Per L’Italia, non si è ricandidata nel 2018 per farlo invece alle europee del 2019. È stata eletta con la lista PD -“Siamo Europei” prendendo quasi 107mila preferenze. Il 16 settembre 2019, infine, viene eletta Presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo. “Di Irene Tinagli – ha scritto Marie Claire – anche i più ostinati ammettono che se fosse un uomo, con un curriculum del genere, oggi non ci sarebbe neanche bisogno di presentarla”.
Eppure a sinistra è stata in ogni caso cooptata per fare la vicesegretaria del Pd. Percorso diversissimo quello di Giorgia Meloni: militanza, gavetta nelle assemblee elettive locali, Parlamento e poi l’exploit da leader. Nel confronto, insomma, ha tutto da insegnare alla nuova vice di Letta.