Cucchi, la difesa incolpa i medici: «Morto per le loro negligenze, il pestaggio non fu così violento»

23 Apr 2021 14:48 - di Gigliola Bardi
cucchi medici

Stefano Cucchi non sarebbe morto per le botte, ma per le «negligenze» e le «omissioni» dei medici. È la tesi sostenuta dalla difesa del carabiniere Alessio Di Bernardo nel corso del processo d’Appello che si sta celebrando a Roma sul caso del geometra 31enne morto nell’ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini, dove si trovava per le conseguenze del pestaggio successivo all’arresto.

La difesa incolpa i medici per la morte di Cucchi

«Nessuno nega che ci sia stato un pestaggio, ma non è stato così violento», ha detto l’avvocato Antonella De Benedictis, che difende Di Bernardo, condannato in primo grado a 12 anni per omicidio preterintenzionale. «Stefano Cucchi non è stato ucciso per i ceffoni o pugni. Le persone che lo hanno lasciato morire – ha sostenuto la difesa – sono stati i medici attraverso negligenze ed omissioni, chi ha sbagliato ha pagato penalmente e civilmente con un risarcimento».

«Nessuno lo ha ucciso di botte»

Dunque, per l’avvocato De Benedictis «dire che Di Bernardo lo ha massacrato di botte non è giusto. Ci sono stati degli schiaffi e forse una spinta, che ha fatto cadere Cucchi. Chi lo ha fatto ha sbagliato e deve pagare, ma non è stato un violento pestaggio. Di Bernardo è una brava persona, un padre di famiglia, un carabiniere pluridecorato. Nessuno – ha concluso il legale – ha ucciso di botte Cucchi».

Le richieste del Pg nel processo d’Appello

Oltre che per Di Bernardo, il processo di primo grado si è concluso con la stessa condanna anche per il carabiniere Raffaele D’Alessandro. Per loro ora il Pg Roberto Cavallone ha chiesto di escludere le attenuanti generiche e portare la condanna a 13 anni. L’accusa ha chiesto anche di aumentare a 4 anni e sei mesi la condanna del maresciallo Roberto Mandolini, accusato di falso e condannato in primo grado a 3 anni e mezzo. Chiesta, invece, l’assoluzione dall’accusa di falso per Francesco Tedesco, il vicebrigadiere che con la sua testimonianza ha indicato Di Bernardo e D’Alessandro come autori del pestaggio.

 

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