L’ombra dei fratelli Bianchi sul pugile massacrato di botte a Ponza: dubbi sulla tesi del suicidio

18 Mar 2021 9:59 - di Greta Paolucci
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Pugile morto a Ponza, l’ombra dei fratelli Bianchi sul caso. Sul mistero che, tra depistaggi, traffici di droga e violenza, aleggia sulla fine violenta di Gianmarco Pozzi, il cui cadavere è stato ritrovato massacrato di ferite il 9 agosto a Ponza, in una intercapedine, si fa strada un’altra possibile pista investigativa. I fratelli Bianchi, in carcere con l’accusa di aver ucciso in un brutale pestaggio Willy Monteiro Duarte, erano sull’isola il giorno della morte del 28enne romano. Una circostanza evidenziata dall’avvocato Fabrizio Gallo, legale della famiglia della vittima, che oggi dalle colonne del Messaggero apre alla possibilità di una nuova pista. E un nuovo corso di un’indagine dai tanti, troppi lati oscuri.

Pugile massacrato di botte a Ponza: l’ombra dei fratelli Bianchi sul caso

Dunque, dopo il lungo servizio de Le Iene a firma di Giulio Golia, andato in onda martedì sera, il quotidiano capitolino oggi aggiunge un altro, significativo tassello. Un dato che può dare nuova linfa e ulteriori sviluppi alle indagini e alla ricerca della verità su quella tragica morte. Una morte avvenuta in circostanze misteriose. Per cui si è parlato sulle prime di suicidio. E su cui l’avvocato della famiglia della vittima è decisa ad acclarare la verità. La verità sul pestaggio. Su quel volo da un muretto non abbastanza in alto per giustificare le ferite rinvenute sul corpo di Gianmarco. Un ragazzo che a Ponza lavorava come buttafuori in un noto locale dell’isola, in passato chiuso per problemi di droga. Il cui proprietario, intervistato dalle Iene proprio nella puntata di martedì, ha chiaramente detto, rivolgendosi ai famigliari di Gianmarco, «di cercare i responsabili a Roma».

La foto di Gabriele Bianchi a Palmarola postata su Fb il 7 agosto

Una dichiarazione che, associata al fatto che dopo la messa in onda del servizio di Giulia Golia sul giallo di Ponza, il papà della vittima, Paolo Pozzi ha ricevuto da una conoscente di Ponza una foto di Gabriele Bianchi scattata davanti a Palmarola, altra isola dell’arcipelago pontino, e da lui stesso postata su Facebook il 7 agosto, apre a uno scenario inquietante. Oltre che degno di nota dal punto di vista investigativo. E su cui il legale della famiglia di Gianmarco, dal Messaggero fa sapere: «Chiederò alla Procura di Cassino – afferma – di verificare se tra i due fratelli di Artena, arrestati a settembre 2020 per l’efferato delitto di Colleferro, e Gianmarco, morto il mese precedente massacrato di botte e gettato in fondo a un’intercapedine tra due muri sull’isola pontina, vi fossero stati contatti. Chiederò che si mettano a confronto i tabulati telefonici e si verifichi la posizione dei cellulari nelle ore più vicine alla morte di Gimmy (Gianmarco, ndr)».

Indagini: la pista della droga e del pestaggio letale, dubbi sulla tesi del suicidio

Dunque le indagini che, ha evidenziato il servizio delle Iene, sono fin qui andate avanti a tentoni e nel segno di lacune che hanno rischiato di comprometterne il risultato. Indagini partite dalla erronea convinzione che, per quella misteriosa morte, si dovesse parlare di suicidio. E che, solo la determinazione dei familiari della vittima, in particolare della sorella del ragazzo, ora possono procedere seguendo binari ben precisi: la pista della droga e del pestaggio letale. Con quella enigmatica presenza dei fratelli Pozzi, in carcere con l’accusa di aver ucciso a calci e pugni il 21enne di Colleferro, diventato simbolo di coraggio e generosità e con precedenti di droga.

Pugile morto a Ponza, i fratelli Bianchi nella discoteca Blue Moon dove Gimmy lavorava?

Dunque, Gabriele e Marco Bianchi erano a Ponza in quei primi giorni d’agosto. E lo testimonierebbe proprio la foto di uno dei due fratelli di Artena, corredata da una terrificante didascalia che reciterebbe: «Essere maledetto mi benedice». Inoltre, come spiega sempre il Messaggero, dal servizio televisivo, prosegue l’avvocato, «sono emersi particolari sullo spaccio di cocaina. Su quantitativi acquistati a Roma e portati sull’isola. È ormai acclarato che Gianmarco facesse parte di questo ambiente. Come è noto che i fratelli Bianchi risultano indagati anche per spaccio. Infine, sarebbero stati visti nella discoteca Blue Moon dove Gimmy lavorava come buttafuori»». Dunque non genericamente sull’isola: ma in un locale. Noto per essere stato al centro delle cronache per lo spaccio di polvere bianca. E per essere il posto di lavoro del 28enne romano ucciso.

Pugile morto a Ponza e presenza dei fratelli Bianchi sull’isola: le richieste del legale di Gimmy

E allora, chiarisce il quotidiano capitolino, «per il legale non si tratta di voler gettare nuove ombre sui fratelli di Artena… Ma della necessità di non tralasciare alcun elemento che possa portare alla verità sulla morte del giovane pugile, per il quale la famiglia chiede giustizia». A tal fine, il professor Vittorio Fineschi, consulente medico legale della famiglia Pozzi, ha depositato la scorsa settimana un’integrazione di perizia richiesta dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo «a chiarimento delle sue conclusioni sul coinvolgimento di terzi nella morte del giovane». Una perizia in cui il docente di Medicina Legale dell’università La Sapienza ha evidenziato che le gravi lesioni riscontrate sulla salma del 28enne, fanno ipotizzare che nella zona cin cui è stato ritrovato il corpo ormai privo di vita di Gianmarco possa esserci stata una colluttazione. Che si sarebbe conclusa con la «precipitazione» del ragazzo nell’intercapedine.

Gianmarco, ex campione di kickboxing, sapeva difendersi, eppure…

Tutto da rifare dunque. Perché la ricostruzione resa da alcuni testimoni (secondo cui Gimmy sarebbe precipitato al termine di una corsa in preda a un delirio per l’abuso di droga), è incompatibile con un’indagine sulle ferite del cadavere più approfondita. E perché la scena del crimine, secondo quanto dichiarato dalla famiglia nel servizio delle Iene, non sarebbe stata ispezionata e protetta scrupolosamente. Ma, soprattutto, perché tutto, sulla morte dell’ex campione di kickboxing, sembra condurre all’eventualità che Gianmarco sia rimasto vittima per l’azione di terze persone. Lui, un giovane prestante e che sapeva difendersi, potrebbe aver incontrato qualcuno abituato a picchiare meglio. Ora spetta alla Procura di Cassino chi potrebbe essere e come avrebbe agito.

 

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