Tabacci: Draghi vuole un governo contro la pandemia. Io ministro? Non lo dico…

4 Feb 2021 18:17 - di Redazione
Tabacci

Bruno Tabacci ha incontrato Mario Draghi alla sala della Regina a Montecitorio e al termine del colloquio ha raccontato ai cronisti che il presidente incaricato ha intenzione di partire dalle emergenza da affrontare. “La pandemia, il piano vaccini che è intimamente connesso alle condizioni per la ripresa economica e la tenuta sociale, evidenziando come questo processo di ripresa non sarà rapidissimo”. E lo farà con un “mix tra tecnici e politici”.

Tabacci: non bastano i contributi a pioggia

Un processo – ha detto – che “sarà abbastanza lento ma infondere fiducia al Paese è una delle condizioni affinché il processo si avvii. C’è poi un percorso da definire per il futuro, dove proteggere le persone e le imprese è uno degli elementi. Non bastano i contributi a pioggia, bisogna immaginare cosa fare dopo la ripresa ma cosa fare lo si individua già ora e quindi dare più forza all’idea di creare posti di lavoro, mettere in condizione il Paese di reagire con efficacia, perché in questi mesi ci siamo battuti per contenere le conseguenze di questa spaventosa epidemia”.

Le trattative fallite per il Conte ter

Tabacci parla anche delle trattative fallite per dare vita a un Conte ter: “Ho ancora negli occhi quelle 20 ore trascorse per tentare di mettere insieme un documento e invece non siano nemmeno riusciti a sottoscrivere un verbale di quello che ci eravamo detti. E’ chiaro che la frustata arrivata dalla presidenza delle Repubblica con la proposta di Mario Draghi interpella tutte le forze politiche, che se ne devono assumere le responsabilità”.

Tabacci: non abbiamo posto alcuna condizione

Al presidente Draghi – ha concluso – “non abbiamo posto alcuna condizione, perché non vogliamo metterci nel ridicolo. Siamo consapevoli che la svolta può essere importante, confidiamo in questo e siamo usciti dall’incontro che ce la possiamo fare e che il Paese può andare verso una svolta”. Tabacci ha anche risposto a una domanda su un suo ipotetico incarico come ministro: “Io ministro? Non lo dico neanche sotto tortura”.

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