I manifesti Pro Vita contro la Ru486 allarmano il Pd toscano: «Rimuoveteli». FdI: «Richiesta assurda»
I manifesti di Pro Vita contro la pillola abortiva Ru486 allarmano il Pd. «Apprendiamo con sconcerto la notizia della mozione presentata il 14 dicembre in Consiglio regionale dalla consigliera del Pd Donatella Spadi». Lo dicono il coordinatore regionale Fratelli d’Italia, Fabrizio Rossi, Francesco Torselli, e di Donatella Isca. La Spadi, puntualizzano gli esponenti di FdI, «chiede l’immediata rimozione dei manifesti affissi a Firenze contro la pillola abortiva Ru486».
Pillola Ru486, la protesta di FdI
«La reazione al manifesto di Pro Vita e famiglia Onlus – prosegue la nota – non è legata all’uso oltraggioso e riprovevole del corpo della donna. Ma al contenuto scientifico dello stesso, che richiama ad una verità, che è stata nascosta a tutta le donne italiane. Il mifepristone, Ru486, definito dal genetista francese J.Lejeune, scopritore della trisomia 21, “pesticida umano” quando il connazionale Baulieu ne annunciò l’invenzione, non è cambiato negli anni. Numerosa è la letteratura scientifica che ne elenca gli effetti avversi. Il vero choc ed il vero scandalo sono, invece, le affermazioni della consigliera Spadi che si vanta del primato della Toscana sull’uso della Ru486. Che ha anticipato anche le decisioni prese dal ministro della Salute Speranza con le nuove linee Guida. Senza ricovero ospedaliero e allungando anche i termini di somministrazione, ha provveduto alla banalizzazione dell’aborto riducendolo ad un fatto privato».
«Mette in grave pericolo la salute della donna»
«Le nuove procedure che facilitano l’aborto farmacologico in Toscana -commenta il coordinatore regionale Fabrizio Rossi- nascondono, dietro il paravento della semplificazione burocratica, una visione ideologica che poco serve ai diritti della donna e soprattutto quello della sua salute. L’assunzione della Ru486 è già prevista in Italia, e prevede un percorso ospedaliero, con più giorni di ricovero, che non hanno certo una valenza ideologica, ma solo di tutela per la donna. L’intero processo di interruzione di gravidanza dura circa 15 giorni e non è una cosa da prendere alla leggera. Facilitare un aborto farmacologico con il fine di ridurre la burocrazia, mette in grave pericolo la salute della donna che, seppur volontariamente, deve sapere bene che ci sono possibili conseguenze, con un tasso di mortalità superiore 10 volte superiore all’aborto chirurgico».