Covid, no antibiotici, si tachipirina: ecco le cure a casa e i farmaci per i pazienti a basso rischio
Sì a paracetamolo, cioè tachipirina, e Fans in terapia sintomatica, corticosteroidi ed eparina in casi specifici, no ad antibiotici, clorochina o idrossiclorochina, ed a combinazioni antivirali lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o cobicistat: sono queste le cure e i farmaci che il ministero della Sanità raccomanda, con un’apposita circolare, ai medici di famiglia per trattare a casa i cosiddetti “pazienti Covid a basso rischio”.
Tra i “farmaci non raccomandati per il trattamento di Covid-19“, indicati nella circolare del ministero della Salute sulla gestione domiciliare dei pazienti positivi al Covid quindi ci sono proprio quelli che finora erano stati giudicati più che promettenti e risolutivi come la clorochina, l’idrossiclorochina, e le combinazioni antivirali.
Ecco tutte le contraddizioni su cure e farmaci anti-Covid
Prova evidente che la confusione regna sovrana. E che la medicina ufficiale – ma anche il governo – si contraddice e sembra non aver ancora chiarezza. A marzo l’ordine perentorio era, invece: non prendete antinfiammatori.
Da qui si comprende anche il pasticcio che venne combinato a marzo dall’Oms, quando ci fu la prima ondata e migliaia di morti, persone che, forse, si sarebbero potute invece salvare.
Il documento governativo sui pazienti Covid a basso rischio rispolvera le “raccomandazioni e decisioni Aifa sui farmaci Covid-19“.
Secondi l’Agenzia italiana che autorizza i farmaci possono essere utilizzati antinfiammatori come paracetamolo o Fans in terapia sintomatica, nonché costicosteroidi ed eparine che vanno impiegati “solo in specifiche condizioni di malattia”.
A supporto dei medici sul territorio è previsto il personale delle cosiddette Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale per la gestione e le cure dei malati Covid a basso rischio.
Così si riconoscono i pazienti Covid a basso rischio
Ma quali sono i cosiddetti “pazienti Covid a basso rischio” che possono essere curati a casa dai medici di famiglia per evitare di intasare gli ospedali? Come si definisce un paziente Covid a basso rischio?
Sono, secondo la circolare del ministero della Sanità, pazienti Covid che rispondono a precisi criteri.
Per prima cosa devono essere persone che non hanno “patologie tumorali o immunodepressione“.
Due fattori differenziali che aprono scenari completamente diversi. E che necessitano di tutto un’altro tipo di cure.
Inoltre devono avere “sintomatologia simil-influenzale”.
Che tradotto nella pratica significa rinite, tosse – ma senza difficoltà respiratoria – mialgie, cefalea ma assenza di dispnea e tachipnea.
Febbre non superiore a 38° nell’arco di 72 ore
Per quanto riguarda la febbre possono avere temperatura corporea a 38° o inferiore da meno di 72 ore.
Possono anche avere sintomi gastro-enterici ma non devono essere disidratati o diarrea importante.
Altri sintomi valutati dalla circolare del ministero per differenziare i pazienti affetti da Covid ma curabili a casa da quelli, viceversa, per i quali è necessario il ricovero in ospedale, sono l’astenia, l’ageusia la disgeusia e l’anosmia.
Dal punto di vista operativo per i pazienti Covid a basso rischio, il medico dovrà farsi assistere da un membro della famiglia.
E a questa persona con cui si interfaccerà, il medico di famiglia dovrà spiegare in maniera dettagliata come dovrà essere curata l’igiene personale, quali dovranno essere le misure di prevenzione e controllo delle infezioni. E come si deve approcciare una persona con infezione da Covid in modo da evitare la diffusione dell’infezione ai contatti.
Fondamentale, raccomanda il ministero ai medici, valutare in maniera dinamica diversi parametri vitali del paziente a basso rischio, parametri, fra i quali il quadro neurologico, che possono essere indicatori di un aggravamento.
Tutto questo per ridurre la pressione sulle strutture di Pronto soccorso. Ed evitare che gli ospedali vadano al collasso.