Pensioni, golpe del governo: non scattano gli aumenti. A rischio anche le tredicesime dei privati

16 Nov 2020 11:51 - di Milena Desanctis
pensioni

Un’altra batosta per i pensionati. Il governo ha rinviato all’1 gennaio del 2023 l’adeguamento pieno delle pensioni al costo della vita. Con la precedente manovra era stato stabilito un ritorno ad una rivalutazione dall’1 gennaio 2022, ma adesso l’esecutivo giallorosso ha spostato l’asticella della perequazione delle pensioni di un anno. Ovvero se ne riparlerà il 1 gennaio del 2023. Il testo della bozza della manovra pubblicato dal Mef e anticipato dal Giornale parla chiaro. «All’articolo 1, comma 477, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole “Per il periodo 2020-2021” sono sostituite dalle seguenti: “Per il periodo 2020-2022” e al comma 478, le parole “Dal 1° gennaio 2022” sono sostituite dalle seguenti: “Dal 1° gennaio 2023”».  In sostanza i pensionati aspettare fino al 2023 per ottenere una perequazione piena dell’assegno previdenziale. Un’attesa che si traduce in una sonora batosta.

Pensioni, che cos’è la perequazione

La perequazione è il termine che identifica la rivalutazione dell’importo delle pensioni legato all’inflazione. In pratica si tratta di un meccanismo attraverso il quale l’importo delle prestazioni medesime viene adeguato all’aumento del costo della vita come indicati dall’Istat. L’ultimo adeguamento si è registrato nel 2011. Con l’arrivo della Fornero in poi i pensionati hanno visto anno dopo anno assottigliarsi sempre più le loro pensioni.

Pensioni, gli effetti dei tagli

Il blocco della perequazione va avanti da diversi anni e gli effetti sul portafoglio previdenziale si fanno sentire. Fino al 2019 la perequazione degli assegni era prevista in questo modo: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione è del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Con la legge di Bilancio dello scorso anno, le pensioni fino a quattro volte al minimo hanno avuto un adeguamento al 100%. Pochi spiccioli dato che la soglia di partenza era al 97%. In questi anni lo scippo sulle pensioni è stato molto alto.

Quanto hanno perduto i pensionati

Come ricorda il Giornale, in uno studio la Uil qualche tempo fa aveva osservato che per un pensionato che percepisce un reddito da 1.568 euro l’anno, la perdita si traduce in un ammanco secco di 960 euro all’anno. Più aumenta l’importo e più si fa pesante il taglio. Per chi percepisce circa 1.960 euro al mese lordi si registra una perdita di 1.490 euro l’anno. Si tocca poi la cifra record di 7.190 euro l’anno per chi ha una pensione di 4.560 euro mensili

Aziende e debiti con lo Stato

Non solo  i ritardi sull’adeguamento pensionistico. Gli italiani corrono un altro rischio: non prendere a dicembre la tredicesima. Le misure dei decreti Rilancio e Agosto per agevolare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione  sono state un fallimento. Da uno studio della Cgia di Mestre è emerso che dei 12 miliardi di euro messi a disposizione dal governo per consentire ad Asl, Regioni ed enti locali il saldo delle fatture scadute entro il 31 dicembre 2019, solo poco più di 2 miliardi sono stati richiesti da questi soggetti pubblici alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) per saldare i propri creditori. Quindi le aziende che lavorano per la Pubbliche amministrazioni sono rimaste senza liquidità.

Lo studio della Cgia di Mestre

«Tra crisi, calo degli ordinativi e mancati pagamenti, tante aziende denunciano insistentemente la mancanza di liquidità. E non è da escludere che, a dicembre, molte avranno grosse difficoltà a pagare le tredicesime ai propri dipendenti», commenta il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo. Aggiungendo che «la questione sarebbe risolvibile se fosse consentita per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i debiti della Pa verso le imprese e le passività fiscali e contributive in capo a queste ultime. Un automatismo che ristabilirebbe un principio di civiltà giuridica».

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