Il coronavirus creato a Wuhan? La blogger cinese che denunciava Pechino rischia 5 anni di carcere

16 Nov 2020 12:03 - di Lucio Meo

Arrestata a maggio per le notizie diffuse sull’epidemia di coronavirus da Wuhan, rischia fino a cinque anni di carcere la cinese Zhang Zhan, attivista e ‘citizen journalist‘ per la quale ci sarebbe ora un’incriminazione formale con l’accusa di diffusione di “informazioni false”. E’ il Guardian a riaccendere i riflettori sul caso di Zhang, 37 anni, ex avvocato, detenuta a Shanghai. E’ stata arrestata il 15 maggio scorso, secondo la Network of Chinese Human Rights Defenders (Nchrd). L’accusa per lei è di “fomentare dispute e creare problemi”. Di diffondere verità non ufficiali, un po’ come le teorie “diaboliche” di Radio Maria o del documentario “complottista” che spopola in Francia.

La blogger cinese avrebbe diffuso informazioni false

Stando a quanto si legge stamani sul sito del Guardian, è ufficialmente nel mirino per la diffusione di “informazioni false attraverso testi, video e altri media via Internet” con l’uso di “WeChat, Twitter e YouTube”, per aver “accettato interviste da media stranieri come Radio Free Asia e Epoch Times” e per aver “fatto congetture in modo maligno sull’epidemia di Covid-19 a Wuhan”, la megalopoli cinese che per prima ha fatto i conti con il coronavirus. Per lei, aggiunge il Guardian, viene chiesta una condanna dai quattro ai cinque anni.

L’Nchrd ricorda l’arrivo di Zhang a Wuhan all’inizio dello scorso febbraio, le sue storie diffuse via WeChat, Twitter e YouTube, anche “sull’arresto di altri reporter indipendenti”. La stessa rete fa sapere di uno sciopero della fame cominciato da Zhang a inizio settembre e di come uno degli avvocati della difesa sia stato di fatto allontanato dal caso. Era già stata arrestata nel 2018 con accuse simili a quelle attuali, scrive ancora il Guardian. L’anno successivo, secondo l’Nchrd, era stata arrestata per aver sostenuto gli attivisti di Hong Kong.

La Cina rivendica trasparenza, ma le cifre…

Il Guardian conclude ricordando il caso di Chen Qiushi, giornalista, ex avvocato, arrestato a gennaio, quello di Li Zehua, che era arrivato a Wuhan dopo la ‘scomparsa’ di Chen ed era a sua volta ‘sparito’ a inizio febbraio per poi essere liberato ad aprile, e ancora quello di Fang Bin, abitante di Wuhan, di cui non si hanno notizie da mesi.

La Cina, stando ai dati riportati dall’agenzia ufficiale Xinhua, ha sinora confermato 86.346 casi di coronavirus con 4.634 decessi. Nel mirino di critiche e pressioni, il gigante asiatico rivendica da mesi di aver agito con “trasparenza”.

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