Covid, screening oncologici saltati: si rischia di dover attendere 8 mesi per una diagnosi di tumore

11 Nov 2020 12:13 - di Fabio Marinangeli
screening oncologici

Un milione e 400mila screening oncologici saltati. Un dato enorme che non lascia spazio a dubbi. Il rischio è quello di dover attendere 8 mesi per una diagnosi di cancro. Crescono le difficoltà di chi soffre di malattie diverse dall’infezione da Sars-CoV-2. A puntare i riflettori è Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge. «Occorre ricordare», afferma, «che esistono persone che hanno patologie non Covid che sembrano sparite dal radar del ministero della Salute e dalle Regioni. I bollettini Covid sono quotidiani mentre nessuno più vuole occuparsi di tutti gli altri malati».

Screening oncologici e l’allarme nella prima fase

Già nella prima fase dell’epidemia era scattato l’allarme sulla non erogazione di prestazioni di visite e interventi chirurgici. Questo, a causa dello stop per via del Covid-19. «Abbiamo dei dati in cui si dimostra che fino a giugno ci sono state circa 51 milioni di prestazioni non erogate. Parliamo di cardiologiche, dermatologiche, oculistiche, ma soprattutto quelle oncologiche».

«Anche in presenza del Covid le malattie non si fermano»

«Ma ad oggi questo numero enorme di visite in attesa purtroppo non è stato smaltito. Se a questi dati si aggiunge il milione e 400mila screening oncologi non effettuati, si comprende la nostra preoccupazione. È evidente», ammonisce infatti Iardino, «che anche in presenza del coronavirus le altre malattie non si fermano. Una malattia come quella oncologica non può attendere 8 mesi per avere una diagnosi precoce, così come un infarto non aspetta».

Gli ospedali non sono in grado di accogliere tutti

«Da questa fotografia si evidenzia che da una parte il paziente ha paura di andare al Pronto soccorso. Dall’altra invece gli ospedali non sono in grado di accogliere immediatamente tutte le richieste da parte dei pazienti. Per questo», come Fondazione The Bridge, «abbiamo chiesto di attivare dei centri di Pronto soccorso anche per i pazienti non-Covid».

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