Cinquestelle in crisi nera: un altro senatore, Marilotti, sbatte la porta e se ne va
I Cinquestelle perdono un altro pezzo. Segnale inequivocabile che la crisi è politica e non organizzativa. E che quindi non basteranno ad esorcizzarla gli ormai inutili Stati Generali. A sbattere la porta oggi è stato il senatore Gianni Marilotti. «Ho lasciato il gruppo M5S per aderire al gruppo delle Autonomie nel Misto», ha fatto sapere il parlamentare. Certo, all’esodo contribuiscono anche altri fattori. E non tutti nobilitanti. A cominciare dalla difficoltà della riconferma, che tra i grillini è ostacolata, oltre che dal calo di consensi e dal taglio dei seggi parlamentari, dal divieto di candidarsi una terza volta. Farlo cadere è difficile perché Alessandro Di Battista ne ha fatto una clava da sbattere in testa al gruppo dirigente.
Marilotti è transitato al gruppo Misto
Non è il caso di Marilotti, al suo primo mandato. Ma è evidente che per molti altri il problema esiste e finisce per condizionare le scelte di tutti. Come da prassi ormai ad ogni cambio di casacca, anche il fuggiasco Marilotti non si sottrae al rito dell’annuncio fatale: «Continuerò le mie battaglie sulle autonomie speciali». Essendo sardo, gli sembra naturale. Lo ha già comunicato, nero su bianco, al capogruppo Cinquestelle Ettore Licheri. Marilotti, che si è sempre definito «un uomo con una storia di sinistra», è arrivato in Senato nel 2018 dopo che il M5S gli aveva offerto una candidatura nell’uninominale. Prontamente accettata.
Il MoVimento sempre più in difficoltà
Ciò nonostante, la scintilla con il MoVimento non è mai scoccata. Marilotti giura di aver fatto «ogni sforzo possibile» per entrare «in sintonia con i Cinquestelle», ma è stato inutile. «C’erano – spiega – attivisti contrari al fatto che fossero aperte le candidature alla società civile. Mi hanno considerato un estraneo, un infiltrato della sinistra». Peccato, perché assicura che di «sacrifici» ne ha «fatti parecchi». Aveva persino votato i due decreti sicurezza. Ma solo perché c’era la fiducia al governo Conte1. Così anche per quel che riguarda la legittima difesa. E ora giura che sosterrà con accresciuta passione il Conte-bis. E che dubbio c’era: fuggiasco certo, mica fesso.