Referendum, un “no” per accelerare la crisi del M5S e mettere così in ginocchio il governo
Ci sarà un motivo per cui, tranne che in Liguria, i 5Stelle corrono ovunque in solitaria dopo aver ottenuto dalla piattaforma Rousseau l’autorizzazione ad allearsi con il Pd alle elezioni regionali. Non può non esserci. Diversamente, per capire un simile cupio dissolvi bisognerebbe guardare allo spiaggiamento delle balene. E scandagliare i manuali di etologia più che i testi di psicologia collettiva. Infatti, il motivo c’è ed è tutto politico. Si chiama referendum ed è l’unica consultazione che davvero interessi Luigi Di Maio. Che ha un duplice obiettivo: lasciare nelle mani del solo Crimi la patata bollente delle percentuali da albumina che verosimilmente il M5S racimolerà alle regionali; intestare a se stesso l’annunciata vittoria del “sì” al taglio dei parlamentari.
Di Maio disinteressato alle elezioni regionali
Tradotto, significa che il vero capo politico del partito di maggioranza relativa in Parlamento non farà una piega neanche in caso di cappotto nelle sette regioni al voto. E che dirotterà sull’esito della consultazione referendaria ogni critica alla performance del MoVimento. Avendo, per altro, dalla sua anche il pallottoliere: zero governatori, ora come allora. Già, dove sarebbe la sconfitta? Ci sarebbe invece la vittoria regalata dal “sì” popolare alla sforbiciata. È semmai il Pd a dover fare i conti con le regionali. Un pallottoliere avaro di riconferme in Puglia e nelle Marche potrebbe rivelarsi addirittura fatale. Per Zingaretti, però, non per il governo, il cui azionista di riferimento – il M5S – risulterebbe numericamente illeso e politicamente ringalluzzito.
Solo il “no” al referendum può spezzare l’asse Pd-5Stelle
È quindi di tutta evidenza che la partita politica in grado di mettere in ginocchio il governo si gioca solo sul referendum. Il “sì” è benzina nel motore del solo Di Maio, che non per caso ha già annunciato il taglio degli stipendi degli onorevoli come prossima portata del menu dell’antipolitica. A conferma che l’attuale consultazione ha poco a vedere come le riforme costituzionali e molto a che fare che le pulsioni identitarie di un M5S in grave crisi. Piaccia o meno, solo il “no” potrebbe accelerala fino a coinvolgere il governo. Una sua vittoria oggi è altamente improbabile. Ma se Meloni, Salvini e Berlusconi volessero, potrebbe davvero cominciare un’altra storia.
Sono assolutamente d’accordo con il Dott. Landolfi. Purtroppo il centro destra si è incartato coni voti parlamentari e non può cambiare idea. È però vero che cambiare idea è segno di intelligenza..