Piera Aiello, eroina della giustizia, lascia i 5Stelle: “Mi hanno tradito, decide tutto Bonafede”

2 Set 2020 13:39 - di Eugenio Battisti
Aiello 5Stelle

Un decisione irrevocabile. Piera Aiello dà l’addio ai 5Stelle. Che perdono così un altro ‘pezzo’. “Mi dimetto dal Movimento, che non mi rappresenta più, continuando la mia attività di parlamentare”. Così in un lungo post su Facebook la deputata, testimone di giustizia,  eletta il 4 marzo 2018 nel collegio di Trapani-Marsala con quasi 80 mila voti. La delusione è forte. “Ho deciso così di rimettere in discussione la mia vita. Tenuta segreta dal lontano 30 luglio 1999. In quanto testimone di giustizia”, spiega la parlamentare. Che lancia un attacco frontale al ministro Bonafede.

Piera Aiello lascia i 5Stelle: mi hanno tradito

“Quando mi è stata chiesta la disponibilità alla mia candidatura, ho intravisto la possibilità di portare la mia esperienza di testimone in un’aula parlamentare”. Ma non è stato possibile. I proclami di cambiamento sono rimasti nel cassetto. “Dopo la mia elezione sono entrata a far parte della commissione Giustizia e della commissione Antimafia. Dove ho messo in chiaro di non volermi candidare per nessun posto apicale. Nella mia trentennale lotta alla mafia – prosegue l’ex grillina – tante promesse sono state fatte. E non mantenute. Il che ha peggiorato sempre più la condizione di testimoni, collaboratori e imprenditori”. La Aiello racconta di essersi appassionata a Gianroberto Casaleggio per le sue idee innovative. “Ma se ad oggi mi trovo a scrivere tutto ciò  è perché, in due anni, di questi ideali non ho visto attuare neanche l’ombra”.

“Decide tutto Bonafede. E non in autonomia”

Poi  lancia un fendente pesante contro il ministro della Giustizia. “È sempre lui a decidere tutto. E sicuramente non in autonomia. Il 90% degli emendamenti portati in commissione e poi in aula vengono bocciati. E  spesso senza alcuna motivazione valida. Dopo mesi di sedicenti confronti, di tutto il lavoro parlamentare non rimane nulla”. E ancora: “Sicuramente sono state fatte leggi importanti. Ma rese vane nel momento in cui vengono mandati agli arresti domiciliari ergastolani del 41bis. Tramite una semplice circolare concordata con gli organi del Dap e il ministro Bonafede”.

“Non voglio essere complice, resto una rompicoglioni”

“Non nascondo l’amarezza per tutto il lavoro che ho fatto”, dice ancora la Aiello. “Lavoro vanificato da persone che non solo non si sono mai occupate di antimafia. Che non hanno ascoltato il mio urlo di dolore. Sono stata additata come ‘rompicoglioni’. Solo perché difendo a spada tratta i diritti di chi come me è stato ‘spremuto come un limone’ da organi dello Stato e abbandonato. Sono fiera di essere così come vengo definita. Specialmente da colui che per primo mi ha chiamata così. Perché ho avuto la certezza che in questa commissione vengono nominati personaggi che non avrebbero mai avuto il coraggio denunciare neanche un semplice furto di galline”.

La mafia non si combatte a parole

La conclusione è amara. “Alla luce di tutto ciò non voglio essere considerata complice di quanto è accaduto. Né chiudere gli occhi su quanto sta accadendo. Se, come mi diceva ‘Zio Paolo’ (Borsellino),  politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio. O si fanno la guerra o si mettono d’accordo. Ebbene ho la netta sensazione che non è la guerra quella che il Movimento ha fatto in questi due anni”.

Commenti

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  • Carmen Celetta 4 Settembre 2020

    Cara Piera concordo con quanto hai scritto, e ti assicuro che posso capirti.
    Mai un testimone di giustizia ha avuto vita facile, poiché la politica non si è mai voluta occupare di questo.
    Fatto benissimo a lasciare il movimento che più nulla ha da dare.
    Un abbraccio