Ustica e Bologna, Conte nega la verità: segreto esteso per 9 anni

22 Ago 2020 17:00 - di Roberto Frulli
Ustica

C’è sicuramente la verità sulla disastro di Ustica, quella sulla strage di Bologna e anche quella sulla sparizione in Libano dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo nelle carte, sotto strettissimo segreto, di Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut negli anni di piombo.

Ma il governo Conte a trazione Pd-Cinque Stelle – quelli che promettevano trasparenza e si battevano il petto gridando “onestà, onestà” – ha deciso che gli italiani non devono sapere la Verità su quelle vicende terribili. Ed ha prolungato il segreto su quelle carte per altri nove anni.

Perché, sostiene il governo rosso-giallo, rendere pubbliche quelle carte che portano la firma del colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi in Libano dal 1973 al 1982 che nei giorni prima della strage di Ustica del 27 giugno 1980 avvertiva il governo italiano degli imminenti pericoli che correva il nostro Paese soprattutto per mano del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, arrecherebbe “un grave pregiudizio agli interessi della Repubblica“.

Insomma gli italiani non hanno diritto di conoscere la verità sui misteri più bui della Repubblica e sulle pagine più dolorose scritte con il sangue dal terrorismo mediorientale e di sinistra.

E’ Francesco Grignetti su La Stampa a svelare qual’è stata la risposta che Palazzo Chigi ha dato a Giuliana Cavazza, presidente onoraria dell’associazione “Verità per Ustica” e figlia di una delle 81 persone morte nella strage, che chiedeva copia di quei documenti sollecitando Conte a sollevare il velo del segreto.

La lettera che Palazzo Chigi ha indirizzato alla Cavazza, scrive La Stampa, “ripercorre brevemente la storia: il colonnello Giovannone oppose il segreto di Stato durante l’inchiesta sulla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo”.

”Era il 1984 quando l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, confermò il segreto di Stato. E ciò impedì anche ai magistrati di visionare il dossier”.

”Da quel momento sulle informazioni di Giovannone si è stesa una coltre impenetrabile che è durata fino al 2014. E quanto prescrive la legge: il segreto di Stato può durare al massimo trent’anni”.

Ma non è bastato a chi voleva nascondere la verità agli italiani. A chi vuole continuare a raccontarci una falsa verità in nome della ragion di Stato praticando l’ingiustizia anziché la Giustizia.

E, così, è stato utilizzato un altro “trucco istituzionale”.

”Immediatamente dopo, però, sulle sue carte è subentrata la classifica di “segretissimo”. Significa che ora almeno i magistrati potrebbero leggere questi documenti. Ma con tanti vincoli. E non è dato sapere quali Procure li hanno visionati”.

Subito dopo il quotidiano di Torino spiega: “Il segreto riguarda una serie di telegrammi cifrati sui rapporti occulti tra Italia e palestinesi, l’Olp, la formazione al-Fatah di Yasser Arafat, la formazione ancor più estremistica Fplp di George Habbash, altri servizi segreti arabi, i libici”.

Tutti soggetti che, a vario titolo, emergono nelle nuove ricostruzioni sullo scenario che fa da fondale alla strage di Bologna. E non solo.

”Nel plico ci sono gli allarmi che Giovannone faceva rimbalzare a Roma – ricorda Grignetti su La Stampa. – L’escalation nel corso del 1979 e 1980 di minacce contro gli italiani da parte del gruppo terroristico Fplp dopo che furono sequestrati ad Ortona, in Abruzzo, alcuni missili terra-aria di fabbricazione sovietica che stavano portando attraverso l’Italia”.

Gli stessi missili Strela Sam7 con cui si addestrava il superterrorista Carlos e gli uomini del suo gruppo eversivo nel campo paramilitare di Brno, in Cecoslovacchia.

Per questa vicenda vennero arrestati tre militanti dell’Autonomia Operaia e il rappresentante dell’Fplp in Italia.

Quell’Abu Anzeh Saleh che i Servizi segreti italiani tentarono di cacciare dal nostro Paese senza riuscirci per la dura opposizione di un esponente del Pci, Giancarlo Pajetta, che proteggeva il terrorista arabo.

”Oppure”, aggiunge La Stampa, in quelle carte che Pd e M5S non vogliono svelare agli italiani, ci sono “i riferimenti al super-terrorista Carlos, sanguinario e folle, che era al soldo del Patto di Varsavia, ma anche di Gheddafi o di Saddam Hussein“.

C’è, poi, un documento che “impressiona più di tutti”, scrive ancora La Stampa.

Si tratta di un cablogramma “arrivato a Roma il 27 giugno 1980, proprio il giorno in cui sarebbe precipitato il Dc9 dell’Itavia con 81 persone a bordo, nel quale il colonnello del Sismi avvisava che l’Fplp dichiarava superato il Lodo Moro

”Da quel momento per il gruppo di Habbash non vigeva più l’accordo che era stato stipulato sei o sette anni prima. E che garantiva di tenere fuori l’Italia da atti terroristici”.

”In cambio – ricorda La Stampa – ci eravamo impegnati a favorire i palestinesi in molti modi. Soprattutto sul piano diplomatico: avremmo aiutato l’Olp ad ottenere il riconoscimento dalla Comunità economica europea. Riconoscimento che venne il 14 giugno con una famosa, all’epoca, Dichiarazione di Venezia. Presidente del Consiglio era Francesco Cossiga“.

E se oggi quel passaggio “è negletto – conclude il quotidiano -, occorre ricordare che per impedire la Dichiarazione di Venezia si mossero forze potenti. Saddam, Gheddafi e Assad erano come impazziti contro Sadat (che sarebbe stato assassinato l’anno dopo) e Arafat, considerati traditori della causa”.

”La settimana seguente, tra il 22 e il 23 giugno, Venezia – ricorda ancora La Stampa mettendo in fila, uno dopo l’altro, tutti gli episodi che si sono succeduti all’epoca – ospitò anche una riunione del G7 con il Presidente Carter. L’ex-ambasciatore Richard Gardner nelle memorie accenna all’incubo di un attentato contro il suo Presidente. Francesco Cossiga insomma fu il mattatore dell’estate ’80”.

”Le stragi – si chiede il quotidiano – sono collegabili a quegli eventi? Le carte di Giovannone per il momento non ci aiuteranno”.

Non sembra, tuttavia, sorpresa Giuliana Cavazza, presidente onoraria dell’associazione “Verità per Ustica” e figlia di una delle 81 persone morte nel disastro aereo. Ma neanche appare incline ad accettare l’incredibile decisione di Conte senza dare battaglia.

“Stiamo valutando se ricorrere al Tar o riproporre la richiesta citando anche ciò che è stato già pubblicato sulle note del Sismi, inviate giorno per giorno poco prima della strage”, fa sapere all’AdnKronos.

Cavazza spiega che nella missiva il governo italiano afferma che quelle note di Giovannone “non sono attinenti” alla strage di Ustica, “ma secondo, invece, noi sono interessanti per disegnare lo scenario”.

Cavazza non è sorpresa della risposta di Palazzo Chigi: “Non sono arrabbiata, me l’aspettavo. Ma in sostanza, visto che il segreto scadrebbe nel 2029 e poi basterà mettere una firma per rinviare ancora di quinquennio in quinquennio, bisognerebbe vivere come degli Highlander… ma non ci diamo per vinti”.

“È solo la menzogna – è non la verità – che fa male all’Italia”, scrive su Facebook il senatore di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, il Comitato Parlamentare per il controllo dei Servizi segreti.

”Anche il Copasir ha chiesto, con una deliberazione assunta all’unanimità e dopo aver letto quei documenti, di desecretare le note di Giovannone dal Libano inerenti nello specifico l’assassinio di Aldo Moro e le stragi di Ustica e Bologna – ricorda Urso. – Tutti coloro che hanno letto quelle carte sono convinti che possano contribuire a svelare la verità e quindi a fare vera giustizia. Attendiamo la risposta ufficiale del presidente del Consiglio per giudicare”.

Evidentemente, Conte tiene le due parti in commedia anche sui segreti di Stato – osserva il parlamentare di Fdi, Federico Mollicone. – La risposta dei servizi segreti smentisce il presidente Conte e gli altri esponenti del governo che, per Ustica e Bologna, si erano battuti il petto chiedendo la desecretazione. I servizi d’intelligence dipendono dal governo“.

Mollicone ricorda come “i cablogrammi di Giovannone, già parzialmente trapelati, qualora confermati ufficialmente, racconterebbero una diversa narrazione sia per la strage di Ustica che quella di Bologna, che avvengono nello stesso scenario internazionale”.

Infatti “Giovannone avrebbe confermato la volontà di ritorsione dei palestinesi verso l’Italia dopo l’arresto di Saleh. E la conseguente rottura del ‘Lodo Moro‘, l’accordo di santuarizzazione del territorio italiano in cambio dell‘immunità per i militanti palestinesi“.

“Si fa fatica a credere che la libera divulgazione di carte vecchie di oltre quaranta anni possa compromettere la sicurezza dello Stato contesta Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e membro dell’Associazione “Verità per Ustica”. – A questo punto il puntiglio con cui il Presidente del Consiglio si ostina ad ostacolare la ricerca della verità sulla tragedia di Ustica non è più un fatto strano ma sospetto”.

E, per la prima volta, su questo diniego di Conte ad alzare il velo sulla verità fattuale, divergono le strade della presidente dell’Associazione parenti vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti e del giornalista Andrea Purgatori.

La Bonfietti, parlamentare dal 1994 del Partito Democratico, strilla alla lesa maestà. E a chi chiede di desecretare le carte di Giovannone getta in faccia l’insulto di depistatore.

Non la pensa così il giornalista Andrea Purgatori.

“Da giornalista la decisione non mi piace – riflette Purgatori. – Non posso accettare, per il lavoro che faccio, che ci siano dei segreti insormontabili di fronte ai quali bisogna arrendersi”.

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