Palamara non vuole essere l’agnello sacrificale: «Fa comodo a qualcuno». Ma non dice a chi

1 Giu 2020 9:45 - di Massimo Baiocchi
Palamara

Tenta di difendersi, Luca Palamara. Indagato a Perugia, al centro delle intercettazioni scandalo contro Salvini, il pm è ospite su La7 di Non è l’Arena. Fa capire che non ci sta ad essere il capro espiatorio, l’agnello sacrificale. «Non ho inventato io il sistema delle correnti. Quindi, identificare me come male assoluto è un’operazione che potrebbe far comodo a qualcuno». A chi fa comodo, però, «questo non lo dico».

Palamara e quelle frasi su Salvini

Evita di entrare nel merito, Palamara. Non spiega gli intrecci con il Pd. Si limita a gettare la palla in angolo. Quel «Salvini è una m…? E quel «bisogna attaccarlo»? Le chat di fuoco? «Non c’era nessuna volontà di offenderlo», dice. «Ho usato un’espressione impropria. E comunque quella frase va circostanziata». Invece, «si vuole sintetizzare in maniera frettolosa un ragionamento. Quella è una frase decontestualizzata, non rispecchia il pensiero». Da altre chat ne emergono di segno opposto. Palamara quindi specifica che «nella magistratura associata il tema dell’immigrazione è sensibile».

«Mediavo all’interno delle correnti»

«Si parla di una rete di Palamara che arriva dappertutto. Più semplicemente il mio ruolo era mediare all’interno delle singole correnti. E il Csm è il luogo dove necessariamente occorre mediare per nominare un determinato dirigente di un ufficio». Un sistema «che oggi si sta demonizzando ma che ha prodotto Melillo a Napoli, Gratteri a Catanzaro, Greco a Milano, il fior fiore degli inquirenti in Italia».

Il carrierismo

«Si è affermato il carrierismo» all’interno del quale «il nostro sistema delle correnti penalizza chi alle correnti non appartiene». E «le correnti togate del Csm hanno il peso preponderante», sottolinea. «Voglio sfatare l’idea che il politico dall’esterno è in grado di incidere sul procuratore di turno».

La vicenda Falcone-Meli

Subito dopo Palamara ha evidenziato che «la vicenda Falcone-Meli rappresenta ancora lo spartiacque delle nomine». Vale a dire se «premiare l’anzianità oppure il merito. Mi chiamavano tantissime persone perché avevo una funzione di rappresentanza. Ero diventato una sorta di riferimento per molti colleghi, ma non per il compimento di atti illeciti. Attraverso la mia persona si riteneva potesse esserci la mediazione necessaria a smussare gli angoli».

Palamara e la cena con Lotti

Quanto all’innesto di un trojan nel suo telefono portatile, ha osservato: «Ho anticipato il coronavirus: chi ha attuato il distanziamento sociale con me si è salvato». Poi Palamaro parla della cena con Lotti, il cui contenuto è stato intercettato dal trojan nel suo cellulare. «Per quanto riguarda l’onorevole Lotti, avevo sottovalutato il suo ruolo e la sua posizione nei confronti della procura di Roma. Ritenevo che la stessa fosse totalmente definita in quanto già era stato fatto il rinvio a giudizio».

Lo stress emotivo

«Mai e poi mai è emersa un’attività di dossieraggio nei confronti dei colleghi della procura di Roma», afferma. «Ma da parte mia c’è stata una sottovalutazione dovuta a un forte stress emotivo ed emozionale di quel periodo».

Palamara e Di Matteo

Palamara nega di sentirsi «onnipotente», spiegando di essersi sempre messo «al servizio dei colleghi». Più in là, a proposito della bocciatura di Di Matteo al Csm nel 2016,  chiosa: «Smentisco categoricamente di essere un nemico di Di Matteo». Poi aggiunge: «La nomina fu ratificata dal plenum, non fu una nomina di Palamara».

Commenti

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  • bruno 1 Giugno 2020

    Che faccia di bronzo. Non ha vergogna e fa la vittima. Aveva ragione Cossiga, Palamara ha la faccia di tonno, non è intelligente e, anche senza scomodare Lombroso, il suo viso, e non solo, è l’emblema del male.Inaudito è, poi, che Giletti gli abbia consentito di fare una conferenza stampa, senza contraddittori in studio. Ma, forse, non gli ha reso un buon servigio in quanto gli italiani che hanno seguito la trasmissione hanno potuto avere contezza di chi sia l’imputato Palamara. Comunque, e lo dico da ex magistrato, l’imputato deve difendersi nel processo e non dal processo.Mi auguro che abbia una condanna esemplare.