Luca Gramazio torna libero: la fine di un incubo cominciato 6 anni fa e di una storia giudiziaria “forzata”
Torna libero Luca Gramazio, uno dei protagonisti dell’inchiesta di Mafia Capitale. A disporre la liberazione, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, è stata la Prima sezione penale della Corte di Appello di Roma. Nel provvedimento si applica nei confronti di Buzzi la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di Roma. Mentre per entrambi si dispone la misura cautelare del divieto di espatrio. Insieme a lui scarcerato anche Salvatore Buzzi. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Roma che ha disposto per il “ras delle cooperative” l’obbligo di dimora nel territorio capitolino. I due si trovavano agli arresti domiciliari.
Luca Gramazio e Salvatore Buzzi tornano liberi
Dunque, alla fine, dopo la scarcerazione di Carminati, oggi anche due tra i protagonisti di un processo che ha inanellato sensazionali colpi di scena e incredibili dietrofront, tornano in libertà. Oggi è il giorno di Luca Gramazio, l’unico politico di Mafia Capitale in carcere con l’accusa del 416 bis e una richiesta di condanna a 19 anni e sei mesi. Un uomo, un imputato, come il nostro quotidiano ha già avuto modo di scrivere tante volte in passato sul processo in corso nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, trattato «manco fosse un serial killer. Uno stupratore o una stragista».
Un caso dalla storia giuridicamente forzata
Protagonista al centro di un teorema giudiziario che ha sempre vacillato pericolosamente. Smontato pezzo a pezzo sotto i colpi dei legali dell’ex-capogruppo Pdl in Campidoglio e poi in Regione. Un caso dalla storia giuridicamente forzata, ed evidentemente, data la sentenza, giuridicamente insostenibile. Come tutti ricorderanno, infatti, il processo su “Mafia capitale” si è concluso con la sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che no: non fu associazione mafiosa. Dopo una lunga Camera di Consiglio, infatti, i giudici della VI sezione penale, presieduta da Giorgio Fidelbo, hanno deciso che il sodalizio – guidato dall’ex Nar Massimo Carminati e dall’ex Ras delle cooperative Salvatore Buzzi – non era un’associazione mafiosa. La sentenza su “Mafia Capitale”, che non riconosce il 416 bis, reato caduto in primo grado, ma ammesso in Appello, giunge a cinque anni dall’operazione. Un blitz che, con due retate: il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015, ha portato all’arresto rispettivamente di 37 e 44 persone.
La fine di un incubo cominciato 6 anni fa
Oggi «la Corte di Appello ha riconosciuto che sono scaduti i termini della custodia cautelare per Buzzi e Gramazio. Un provvedimento arrivato dopo quella che è stata definita «una soluzione positiva per quello che era rimasto di questo processo. Specie dopo che la Cassazione ha riconosciuto che non era mafia», ha afferma all’Adnkronos l’avvocato Alessandro Diddi. Il quale, insieme a Piergerardo Santoro, difende Salvatore Buzzi. Un verdetto, quello precedente dei giudici della Suprema Corte, arrivato nei mesi scorsi dopo tre giorni di udienze fiume. Con la requisitoria dei tre sostituti procuratori generali Luigi Birritteri, Luigi Orsi e Mariella De Masellis, terminata con la richiesta di conferma delle condanne dell’Appello. Con le arringhe dei difensori. Vite distrutte per un teorema giudiziario che si è infranto in Cassazione. Perché al massimo ci sono colpevoli per reati comuni ma non di mafia. Imputati che dal 2014 erano precipitati nell’incubo di Mafia Capitale. Oggi, finalmente, per Luca Gramazio, è il giorno in cui la sua vita ricomincia: dalla libertà.