Coronavirus, la Cina replica agli Usa: 24 bugie e accuse assurde sull’origine di Covid-19
La Cina ha replicato punto per punto a quelle che ha bollato sdegnosamente come le “24 bugie e accuse assurde” sul Coronavirus diffuse dai politici americani.
Con un testo, lungo e dettagliato, rilasciato nel fine settimana, Pechino reagisce alla questione dell’origine del Coronavirus. E lo fa dal sito web del ministero degli Esteri cinese dedicato alla gestione dell’emergenza Coronavirus.
Negli Usa, secondo quanto scritto sul Portale ufficiale di Pechino, l’obiettivo è “riversare sulla Cina le accuse per la loro risposta inadeguata” alla pandemia di Coronavirus.
E il gigante asiatico sostiene di essere “una vittima della disinformazione”.
Il testo, su cui oggi accende i riflettori anche la Cnn, inizia con un “prologo”. Che vorrebhe essere una sorta di appello dei sentimenti al popolo americano.
Il sito web del ministero degli Esteri cinese scomoda, infatti, addirittura Abraham Lincoln.
“Come diceva Lincoln – si legge – potete ingannare tutti per un po’ di tempo e qualcuno per sempre. Ma non tutti per sempre”.
La prima “accusa” citata nel documento di ben 11.000 parole – che fa riferimento a studi scientifici e dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità – è quella sul “virus cinese” o “virus di Wuhan“.
Espressioni spesso usate da Donald Trump e Mike Pompeo. E contestate da Pechino.
“Essere stati i primi a segnalare il virus non significa che Wuhan ne sia l’origine. In realtà l’origine non è stata ancora identificata”, afferma il testo. Ribadendo così quanto ripetuto più volte nei giorni scorsi dalla Repubblica Popolare e dai suoi media ufficiali sul Coronavirus.
Quanto alle accuse relative al laboratorio di Wuhan, il “reality check” di Pechino ripete che “tutte le evidenze a disposizione mostrano che il Sars-CoV-2 è di origine naturale”.
E sui tempi di diffusione delle informazioni del virus, viene fornito un calendario dettagliato. Per rivendicare come la Cina abbia agito in modo “aperto e trasparente”.
Non manca, infine, un riferimento a Li Wenliang, il medico che per primo ha lanciato l’allarme sull’epidemia di Coronavirus. E che è morto a febbraio dopo essersi ammalato a causa della pandemia. “Non era un whistleblower“, contesta.