Imprenditoria & scaramanzia: “coronavirus” è diventato un marchio commerciale
Se nei momenti di difficoltà, a volte, il toro va preso per le corna, con il rischio epidemia che aleggia sull’Italia e sull’Europa c’è chi ha scelto di prendere il virus per la corona. L’emergenza coronavirus tiene sotto scacco l’economia del Belpaese, mettendo a rischio negozi, ristoranti e altri esercizi commerciali. Ma nel mondo del business non bisogna mai disperare: anche da una crisi possono nascere opportunità. Devono averlo pensato le aziende che in questi giorni sono corse a registrare il marchio ‘coronavirus’. Tra queste c’è anche un gruppo italiano che, ironia della sorte, è specializzato nello “sviluppo” di ristoranti orientali. Un settore che a causa dell’allarme sanitario ha visto un drastico calo dei clienti nelle ultime settimane. Ma l’iniziativa in questo caso è mossa da un intento solidale. Spulciando il database dell’Ufficio Brevetti e Marchi del Ministero dello Sviluppo economico, l’Adnkronos rileva che in data 28 febbraio Gl Group Italia Srl ha depositato la dicitura ‘coronavirus’ per una serie di prodotti, tra cui: suonerie, grafiche, emoticon, applicazioni per cellulari; prodotti in metalli preziosi, oggetti ornamentali, orologi; opuscoli, cataloghi, libri; calzature, maglieria, calze; giochi, maschere da carnevale, apparecchi per videogiochi, pupazzi. E ancora: brodi, frutta conservata, confetture, formaggi, bastoncini di tofu e di pesce, marmellate; alghe, biscotti, cialde, cacao, caffè, salsa piccante alla soia, riso al vapore; servizi di catering, enoteche. E così via.
Gl Group Italia Srl, spiega la stessa azienda all’Adnkronos, “è proprietaria del marchio Sushiko e del marchio Many con circa 60 ristoranti nel Nord Italia. L’amministratore unico della società, il signor Cristian Lin, 36 anni, nato in Italia, desidera contribuire alla lotta contro il coronavirus”. Lin ha pertanto depositato il marchio ‘coronavirus’, “che intende riprodurre su t-shirt e gadget vari”. Il ricavato “andrà in parte all’Istituto Lazzaro Spallanzani, e in parte al Ministero della Salute”. L’iniziativa, viene sottolineato, “non ha alcun scopo di lucro”. Fra gli obiettivi, prosegue ancora Gl Group, “anche quello di riuscire a far sorridere in un momento così difficile per tutti, anche per la ristorazione”. Per la realizzazione dei disegni e delle vignette da stampare su t-shirt e gadget è stata incaricata “una nota agenzia pubblicitaria”. Gl Group è stata la prima società a registrare il marchio ‘coronavirus’ per il mercato italiano. Per quanto riguarda quello statunitense ci aveva già pensato ‘Ganiere, Harley Lawrence’, per prodotti che vanno dalle apparecchiature musicali alle t-shirt. Ma scorrendo l’archivio è possibile imbattersi anche nel ‘Coronavirus survival guide’ (La guida su ‘come sopravvivere’ al coronavirus, ndr), sigla depositata lo scorso 4 febbraio dalla Centennial Media Llc. Il settore? “Riviste nel campo della sopravvivenza, protezione, medicina e pandemie”.