Coronavirus, gli italiani all’estero: «Viviamo nell’angoscia, ci sentiamo abbandonati»
Vivono a Londra, Amsterdam e Parigi. Con angoscia. E come loro, sono tantissimi, in molti altri Paesi, ad affrontare questi giorni di emergenza sanitaria. Hanno paura e sgomento. Gli italiani all’estero seguono con apprensione quanto sta accadendo in Italia. e sono preoccupati della mancanza di provvedimenti dei governi dei Paesi nei quali vivono dove il Coronavirus sta correndo con il piede sull’acceleratore.
L’angoscia di un’italiana ad Amsterdam
«Il primo il ministro olandese ha invitato la popolazione a non fare eventi superiori alle 100 persone. Come se 99 non possano infettarsi…», racconta all’Adnkronos Claudia Camillo. È una fotografa professionista, ha 42 anni ed è ad Amsterdam da 3 anni. Ha suggerito il lavoro da casa. «Ma nonostante questo gli uffici sono aperti, la gente va ancora a lavorare. Ristoranti e caffè sono aperti».
«Tutti abbiamo paura»
Come lei ad Amsterdam vivono molti italiani. «Tutti abbiamo paura e ci sentiamo abbandonati», confessa. «Non si rendono conto della situazione e continuano a sottovalutarla. Qui se hai sintomi di dicono di stare a casa almeno una settimana e poi vedi come va. Se è tutto ok amen, stai in quarantena. Sennò ti fanno il tampone e se ti senti male devi chiamare il numero delle emergenze».
«Dovevo tornare a casa»
Claudia, palermitana, nei giorni scorsi ha firmato diverse petizioni online per chiedere al governo olandese di chiudere scuole e università. Ha contattato Rvim, il ministero della Salute olandese. Ma senza ricevere risposte. «Sono in grossa pena», ammette con angoscia. «Dovevo tornare a casa i primi di marzo ma il volo è stato cancellato. I miei genitori hanno 75 e 80 anni e sono soli. Devono uscire di casa, mascherine non se ne trovano più e loro sono una categoria a rischio. Per me ogni giorno è angosciante perché vivo qui e devo confrontarmi con la paura di ammalarmi. Ed è angosciante anche per i miei genitori».
L’angoscia di un marketing manager
Stessa preoccupazione, a qualche latitudine di distanza, per Francesco, marketing manager di 28 anni di Bari e londinese d’adozione. «Qui varie aziende si stanno muovendo indipendentemente per fare test di smart working», spiega mentre lavora da casa. «Stiamo vivendo la stessa situazione dell’Italia un mese fa. Il virus è visto come qualcosa di molto lontano. Dicono “gli italiani non sono bravi a gestire le cose, ecco perché è andato tutto storto”». Poi aggiunge: «Quando metto la mascherina è come se venissi bullizzato. Ni dicono “ma che te la metti a fare?”. La situazione è assurda e dicono che il picco dei contagi qui si avrà a giugno».
Tour operator italiana a Londra
A sentirsi abbandonata è anche Giorgia Bruni, 34enne di Roma, tour operator di professione. Da un anno e mezzo è a Londra: «Non avrò nessun supporto nel caso avessi bisogno di cure», spiega amareggiata. «Nessuno si interessa della salute». A Parigi anche Barbara, sales manager romagnola espatriata da 6 anni, teme il peggio. «Sono seriamente preoccupata dal momento che, a mio avviso, una città densa e frenetica come Parigi necessiterebbe più che mai di procedure. Ad oggi percepisco una certa leggerezza che mi spaventa. “I dati sono irrisorii”, sento dire». E l’angoscia sale.