Yemen, confermata la morte del leader di Al Qaeda: è stato ucciso in un raid aereo americano
Sarebbe confermata la morte in un raid aereo Usa del leader di Al Qaeda nello Yemen, Qasim al-Raymi. Lo riferiscono fonti di intelligence nella regione. Ieri, il New York Times riportava la notizia che il mese scorso gli Stati Uniti avevano lanciato un raid aereo al-Raymi ed erano in attesa della conferma dell’avvenuta uccisione. Citando fonti della sicurezza Usa, il Nyt riferiva che l’attacco era stato lanciato attorno all’8 gennaio dopo che l’uomo era stato per mesi oggetto di monitoraggio aereo e di intelligence.
Yemen, chi è Al Raymi
Al Raymi, 41 anni, era considerato un obbiettivo prioritario ed era stato identificato già prima degli attentati dell’11 settembre. La Cia aveva individuato la sua collocazione a novembre, grazie a informatori locali. Nato in Yemen era stato addestrato nei campi di al-Qaeda in Afghanistan. Al Raymi era stato in carcere in Yemen per cinque anni con l’accusa di aver pianificato l’uccisione dell’ambasciatore americano nel Paese. Fuggì dal carcere il 3 febbraio 2006 nello Yemen, insieme ad altri membri di Al-Qaeda.
Il suo ruolo
Subito dopo iniziò ad assumere potere all’interno di al Qaeda. Il gruppo rivendicò la responsabilità di due attentati suicidi che uccisero sei turisti occidentali prima di essere collegato all’assalto all’ambasciata Usa a Sana’a nel settembre 2008. Nel 2009 apparve in un video insieme ad altri tre jihadisti per rilanciare l’immagine del gruppo. Sempre in quell’anno, il governo yemenita lo accusò di essere responsabile della gestione di un campo di addestramento di al-Qaeda nella provincia di Abyan. Dopo aver giurato fedeltà al leader di al Qaida, Ayman al-Zawahiri, al-Raymi fu nominato emiro di Aqap nel 2015.
Yemen, la taglia degli Usa
Il dipartimento di Stato americano aveva posto sulla sua testa una taglia di 5 milioni di dollari. La somma veniva incassata da chi avesse fornito informazioni utili alla sua cattura. Inoltre c’era anche una taglia di 10 milioni di dollari. Chi avesse favorito la sua eliminazione fisica come sospetto per l’attentato contro l’ambasciata di Washington a Sana’a nel 2008 l’avrebbe incassata. Nell’attacco persero la vita dieci guardie e quattro civili.